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Lavora in azienda da 20 anni, la sostituiscono con un software. E scoppia la rivolta

Si sente spesso parlare delle opportunità offerte dalla tecnologia, ma con sempre maggior frequenza assistiamo a situazioni di licenziamenti causati proprio dagli avanzamenti tecnologici, in particolare dall’uso di software e algoritmi. È esattamente ciò che è accaduto alla Ognibene Power di Reggio Emilia, dove, come riportato dal Corriere della Sera, una dipendente con oltre vent’anni di servizio si è vista recapitare una lettera che le imponeva una scelta difficile: accettare un demansionamento o affrontare il licenziamento. Questo cambiamento è stato dettato dall’introduzione di un software che ha automatizzato le sue mansioni.

La decisione dell’azienda, che impiega circa 600 lavoratori e si occupa della produzione di componenti per macchinari agricoli e per la movimentazione terra, ha scatenato una forte reazione tra i colleghi. Alla notizia, il personale in servizio ha scelto di scioperare per manifestare solidarietà alla lavoratrice colpita. È stata subito convocata un’assemblea, con una partecipazione numerosa. La protesta si è tenuta davanti agli stabilimenti di Mancasale, con bandiere e cori che hanno animato l’area industriale.

Secondo la Fiom Cgil, sindacato dei metalmeccanici, l’azione intrapresa dall’azienda nei confronti della dipendente rappresenterebbe un vero e proprio “ricatto”. Nella lettera inviata dalla direzione, infatti, alla lavoratrice viene richiesto di prendere una decisione entro cinque giorni. In caso di rifiuto del demansionamento, l’unica alternativa sarebbe stata la cessazione del rapporto di lavoro. A peggiorare il clima di tensione all’interno dell’azienda è arrivata anche la notizia di un possibile ricorso alla cassa integrazione per una parte dei lavoratori, generando ulteriore preoccupazione tra i dipendenti.

La vicenda della Ognibene Power e le proteste che ne sono scaturite mettono in luce un problema sempre più rilevante nel mondo del lavoro: l’impatto della tecnologia. Se da un lato promette nuove opportunità, dall’altro rischia di causare gravi ripercussioni sui lavoratori. Il caso di questa azienda rappresenta un esempio lampante della tensione tra innovazione e salvaguardia dei diritti occupazionali, una questione che potrebbe diventare sempre più centrale e che la politica, in Italia come altrove, sembra ancora sottovalutare. Ignorare questo tema potrebbe mettere a rischio la futura coesione sociale.

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