Governo e sindacati stanno continuando a tenersi in contatto per delineare una riforma delle pensioni che possa dirsi definitiva. In particolare, si stanno studiando degli strumenti che possano porre rimedio al cosiddetto pensionamento anticipato e su questo punto di vista sembra proprio che l’Anticipo Pensionistico (Ape) sia la formula ormai più consolidata.
E per i “lavoratori precoci”?
Ma c’è un altro vuoto da sanare, ossia quello dei lavoratori precoci che hanno cominciato a versare i contributi prima della maggiore età. Ebbene, per questa fascia di popolazione – che si stima riguardi tra le 3.5 e le 4.8 milioni di persone – il governo sembra aver proposto la cosiddetta quota 41, ossia concedere loro la possibilità di andare in pensione una volta versati i 41 anni di contributi senza quindi tenere in considerazione l’età anagrafica.
Quota 52 e/o 104?
Questa misura, però, ha un costo. L’esecutivo vuole restringere questa agevolazione solo ad una ristretta cerchia di persone: l’idea è quella di applicare questa misura solo a quelle persone che prima dei 18 anni hanno lavorato per 52 o 104 settimane (1 o 2 anni) e non a chiunque.
I sindacati premono invece affinché la quota 41 non sia garantita solo ai lavoratori che hanno iniziato a versare contributi prima della maggiore età, ma anche a quelli che hanno iniziato a lavorare a 19 anni e che hanno lavorato un tempo inferiore rispetto alle 52/104 settimane. Per ora l’intesa non c’è e tutto è rinviato a settembre.
Viviana Bottalico