Il mercato del lavoro odierno richiede sempre più skills cognitive che ci consentano di rapportarci con i problemi del quotidiano. Gli esperti del settore risorse umane negli ultimi vent’anni hanno mutato la propria modalità di selezione richiedendo – anche con test pratici in sede di colloquio – doti di problem solving ai candidati per una determinata posizione lavorativa. Risolvere problemi è un’attività quotidiana che ci accompagna nella vita personale e professionale: per questo è importante imparare a gestire e ad approcciarsi alle situazioni inaspettate da risolvere durante la propria attività lavorativa. Di questo si parla quando si definisce il problem solving: è il processo cognitivo messo in atto per analizzare una situazione di difficoltà e trovare una soluzione. Si tratta di un concetto entrato a far parte di diversi settori professionali, un requisito inserito nei curriculum vitae e un metodo utilizzato ora anche nel contesto accademico e scolastico. Infatti, nell’ottica del lifelong learning, sono le nuove competenze ad assumere maggior valore: il problem solving, il pensiero critico, la creatività, la gestione costruttiva dei sentimenti, le cosiddette soft skills.
È importante essere un problem solver. Sviluppare queste capacità consente di analizzare e valutare la propria attività cognitiva, avendo così consapevolezza dei vari aspetti del lavoro mentale. Una persona capace di individuare il tipo di ragionamento a cui è più portata, le difficoltà incontrate durante il processo risolutivo e i benefici ricavati, sarà anche in grado di scegliere per sé la strategia migliore o di trovare gli errori compiuti nel percorso di ricerca. Inoltre, la capacità di elaborare un pensiero creativo, detto anche pensiero produttivo, da contrapporre a quello riproduttivo che procede per automatismi. Un approccio creativo permette di analizzare il problema da diversi punti di vista, di riformularlo in termini nuovi, ottenendo una visione globale della situazione, lasciando la possibilità di cogliere al tempo stesso le parti che la costituiscono e i nessi tra queste.
Come capire se sei un risolutore di problemi
Il profilo problem solver si basa su operazioni cognitive in grado di offrire una soluzione inaspettata e mai raggiunta prima: secondo gli esperti del settore, infatti, questo approccio implica un ragionamento strutturato e finalizzato alla risoluzione di una situazione complessa, che non può essere ottenuta con l’automatica applicazione di procedure già note né con un approccio istintivo o intuitivo. Bisogna perseguire cinque tappe affinché ci si possa definire davvero “risolutore di problemi in ambito lavorativo”. Anzitutto è importante “comprendere il problema”, approcciarsi con attenzione e valutare bonus/malus; bisogna poi attuare un ragionamento che guardi al futuro, una previsione che ci consenta di captare di cosa si ha bisogno per risolvere il problema. E ancora, un profilo problem solving dovrà successivamente attuare una strategia che preveda la pianificazione (la prima vera fase della risoluzione), oltre al monitoraggio e la valutazione finale. Un profilo in grado di presentarsi come “risolutore di problemi” è importante averlo in ambito matematico/scientifico sebbene, oggigiorno, anche in ambito di processi umanistici questa figura è molto ricercata.
I profili “problem solving” più richiesti dal mercato del lavoro
Un profilo problem solver, ovvero in grado di essere risolutore di problemi nel mercato del lavoro, può ambire a ricoprire importanti incarichi nel mercato del lavoro:
- Amministratore delegato. Per esempio, questa figura dirige tutte le attività di una società o organizzazione per cui lavora. Deve elaborare strategie e creare politiche per aiutare a raggiungere gli obiettivi dell’azienda.
- Giudice. Sì, proprio loro devono essere degli abili risolutori di problemi. Durante un’udienza sono innumerevoli le variabili che possono portare a una situazione di stallo. Questa figura, con le sue capacità cognitive, sommate alle conoscenze nel proprio campo lavorativo, deve garantire in modo equo la giustizia.
- Psicologo. Risolvere i problemi per sé stesso ma non solo. Questo ruolo, in tal senso, è di fondamentale importanza: analizzare i disturbi mentali, comportamentali ed emotivi, capire quale sia il problema e cercare la soluzione.
- Analista di ricerca. Gli analisti utilizzano la propria conoscenza in ambito matematico/scientifico per risolvere i problemi delle grandi aziende e delle organizzazioni per cui prestano consulenza.
- Ingegnere biomedico. Risolvere problemi in ambito medico e biologico. Questo è il ruolo di un ingegnere biomedico che deve analizzare, comprendere e decidere come risolvere le problematiche che si presentano.
- Ingegnere ambientale. Oggigiorno gli studi universitari comprendono non solo materie in ambito “ingegneristico” ma anche psicologico. E del resto quando si affrontano problemi relativi alle scienze del suolo, chimica, biologia e non solo bisogna farsi trovare pronti in qualità di professionisti del problem solving.
- Antropologo. Studiare l’essere umano, comprendere i problemi della società e captare lo sviluppo e il comportamento degli esseri umani. Un risolutore di problemi della società.
- Architetto. Anche chi progetta edifici deve essere un abile problem solving: garantire e soddisfare le richieste dei clienti non è mai così semplice…
- Avvocato. Studiare legge non è solo l’unico carattere distintivo per individuare un buon “difensore legale”: bisogna essere anche capaci di individuare e risolvere problemi quando si tutelano cause penali e civili.
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