Teoricamente lo Statuto dei Lavoratori e le norme che regolano il controllo a distanza dei dipendenti non permetterebbero al datore di lavoro di “spiare” con molta facilità i dipendenti. In molte occasioni, i datori di lavoro si trovano a sospettare dell’operato dei propri dipendenti, ma non sono in grado di provare le loro accuse. Usare le telecamere, infatti, implicherebbe la sospensione dello Statuto e viene considerato illegittimo.
La sentenza della Cassazione
Ma a ribaltare questa norma è la Corte di Cassazione con la sentenza numero 33567 del 2016. La Corte si è dovuta pronunciare sul caso di due dipendenti comunali colti in flagranza di reato mentre falsificavano gli orari di presenza sul posto di lavoro.
Una sentenza storica
Secondo la Corte, lo Statuto dei Lavoratori si applica ai rapporti di tipo civilistico che intercorrono tra il dipendente e il datore di lavoro. Ma laddove ci dovessero essere fattispecie di reato, come appunto nell‘ipotesi dei due dipendenti comunali furbetti, in quel caso ad avere la meglio debbono essere altre norme.
Nel reato di truffa sussiste anche quando il dipendente, pur non avendo l’obbligo di timbrare il cartellino, decide comunque di compilare un foglio presenze per lasciar credere di essere al lavoro quando invece non lo è.
Insomma, i famosi furbetti del cartellino e tutti i dipendenti che più in generale si difendono dalle accuse di truffa con la storia dell’illegittimità della videosorveglianza in azienda, cadono ormai inequivocabilmente nel torto.
Brunello Colli