L’Italia è un Paese per vecchi. No, non si tratta di una citazione da una celebre pellicola cinematografica bensì di un dato di fatto che si evidenzia dalle numerose ricerche che vengono effettuate ogni anno grazie alle statistiche raccolte. Al di là dei semplici dati anagrafici però c’è dell’altro. L’invecchiamento della popolazione è ormai un dato ormai certo con cui bisogna convivere ma ad essere influenzata non è soltanto l’età media degli italiani ma anche alcuni aspetti sociali ed economici che interessano il nostro Paese. Basti pensare che secondo alcune stime ISTAT relative all’anno 2015, gli ultrasessantacinquenni erano 13,4 milioni, il 22% del totale della popolazione, un aumento che andava a discapito della popolazione attiva che era scesa al 64,3% del totale e dei ragazzi che rappresentavano una piccola fetta, solo il 13,7%. La crisi economica globale non ha di certo contribuito a generare quel turnover naturale all’interno del mercato del lavoro e ora è facile individuare come ci siano professioni più sviluppate tra i giovani e altre professioni che sono maggiormente distribuite tra la popolazione più anziana. A cercare di inquadrare e fotografare queste statistiche ci ha pensato Datagiovani che ha compiuto in passato uno studio per conto de Il Sole 24 Ore in cui venivano prese in considerazioni 100 professioni (libere, del pubblico o del privato). Da questo studio di monitoraggio siamo stati in grado di capire quali professioni hanno una maggiore presenza di giovani e quali una maggiore presenza di anziani.
Le professioni più “vecchie” in Italia: dai professori ai notai
Partiamo innanzitutto dal rovescio della medaglia, vale a dire le professioni che contano una presenza maggiore di popolazione più anziana. E’ bene fare una precisazione: solitamente si tratta di mestieri che hanno una carriera più lunga anche perché influenzati dalla durata degli studi necessari a conseguire le competenze essenziali per affermarsi nel mondo del lavoro e successivamente per cercare di scalare le gerarchie. E’ facile capire come la maggior parte di queste rientrino nell’ambito delle professioni del pubblico impiego, in virtù anche del blocco del turnover che ha influenzato le carriere nella Pubblica Amministrazione. Al primo posto, secondo Datagiovani troviamo i professori ordinari dell’Università con un’età media di 59,6 anni (di cui il 21,6% sono donne); al secondo posto troviamo la carriera prefettizia con un’età media di 54,3 anni (le donne questa volta sono il 57%); poi i dipendenti ministeriali con età media di 53,2 anni (53% di donne); successivamente troviamo i dipendenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri con età media di 53,2 anni (52% di donne); i ragionieri, età media 53 anni (30% di donne) e infine i notai con età media 53 anni (32% di donne).
I giovani e il lavoro: ecco le professioni in cui l’età è più bassa
Passiamo ora alle professioni con maggiore presenza di giovani in Italia. Facile capire come si tratti di lavori più usuranti dei primi e in cui occorre una minore specializzazione: troviamo ad esempio al primo posto estetisti e parrucchieri con un’età media 39 (73,3% di donne); poi i dipendenti di bar e ristoranti, età media 39 (51,4% di donne); gli addetti alle vendite, età media 38 (63,8% di donne); gli appartenenti alle forze armate, età media 37,7 (5% di donne) e infine i lavoratori somministrati (ex lavoratori interinali) con un’età media 35,9 (40,3% di donne).
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