“Se tutti avessero fatto il loro lavoro, i loro compito di cittadini, questa ragazza sarebbe ancora viva. La ragazza pare abbia chiesto aiuto: nessuno ha modo di riscontrare questa richiesta di aiuto, ma questo lo appureremo. In questa vicenda ci sono due vittime”.

Fabio Taglialatela, avvocato difensore di Costantino Bonaiuti, l’uomo che venerdì ha ucciso l’avvocatessa Martina Scialdone, con cui aveva avuto una relazione, punta il dito sul ristorante fuori al quale è avvenuta la sparatoria e su chi all’interno del locale non avrebbe aiutato Martina, esponendola alla furia omicida de suo assistito.
“Le difficoltà psicologiche e psichiatriche del mio assisto sono certificate – aggiunge -. Era seguito da un centro per una forma depressiva ma non è questa patologia che ha dato luogo all’evento perché era assolutamente controllata. Lui ha avuto sempre un rapporto cordiale con questa persona, tanto è vero ci sono mai state denunce o querele”.
Probabilmente il rifiuto della donna a continuare la loro relazione, dopo la cena è il litigio al ristorante, hanno fatto scattare nell’uomo l’istinto omicida. Tuttavia non si esclude la premeditazione: Bonaiuti si è presentato all’appuntamento armato.
E se invece di invitare Martina, che aveva trovato rifugio in bagno, a lasciare il locale dove aveva litigato con l’ex compagno, forse oggi la ragazza sarebbe ancora viva.