Filomena Gallo è un avvocato cassazionista e segretaria dell’Associazione Luca Coscioni che si occupa di eutanasia. Intervistata da Repubblica nella sua casa romana, la Gallo racconta con commozione il caso del suicidio assistito di “Mario”, l’uomo che per primo in Italia ha potuto ricorrere a questo metodo per lasciare la sua vita terrena, ritenuto non più degna di essere vissuta. Ma la sua esperienza decennale riguarda anche altre problematiche come l’aborto e la fecondazione assistita.
“Questa era la sedia di Marco Pannella, la sua compagna storica, Mirella Parachini, me l’ha regalata dopo la sua morte. – racconta Filomena Gallo all’inviato di Repubblica che la intervista nella sua casa romana – Le piante sul terrazzo invece me le ha mandate Emma Bonino quando con il mio compagno ci siamo trasferiti qui, due anni fa. Curare le piante mi dà sollievo alla mente e sono ricordi per me carissimi”.
“Fin dai miei primi giorni da avvocata, dall’incontro con un pescatore che non poteva pagare un legale per difendersi da una cartella esattoriale ingiusta, avevo deciso che una parte del mio lavoro sarebbe stata dedicata, gratuitamente, all’aiuto di chi non aveva tutele. – ricorda con orgoglio Filomena Gallo – Poi nel 2004 ho conosciuto Luca Coscioni, la sua forza dirompente, nonostante la malattia, mi ha catturato e ho capito qual era la mia strada. Essere dalla parte di chi subisce la violazione dei diritti fondamentali. Le sue parole sono diventate le mie parole: dal corpo delle persone al cuore della politica”.
Per la Gallo “i diritti della persona sono la democrazia. Me l’hanno insegnato Pannella, Bonino e Coscioni”. Poi la donna ricorda “Mario”, l’uomo che per primo in Italia ha potuto ricorrere al suicidio assistito e se ne è andato circa un mese fa: “Mario, cioè Federico Carboni, mi manca moltissimo. Per me non esistono i casi, esistono le persone. Con ognuna entro in una comunicazione profonda, altrimenti non potrei occuparmi delle loro vite. Ma ho perso un amico. Federico oggi è in pace, ha affermato la sua libertà, ma il dolore della perdita resta, è umano”, conclude.
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