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L’azienda più importante d’Europa vicino al fallimento: Bruxelles trema

Cattive notizie giungono dal Nord Europa, confermando tutte le preoccupazioni e le difficoltà che il nostro continente sta affrontando nel campo dell’energia e della produzione di batterie, dove attualmente dipendiamo fortemente dalla Cina. Una situazione resa ancora più complicata dalle crescenti tensioni intorno all’isola di Taiwan. L’azienda svedese Northvolt, considerata una delle più rilevanti startup europee, è infatti vicina al fallimento.

Come riportato da Filippo Santelli su Repubblica, la startup era nata con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dell’Europa dai produttori cinesi di batterie. Tuttavia, la crisi del settore elettrico e varie difficoltà produttive l’hanno costretta a tagliare il personale del 20%. La ricerca di nuovi fondi per la sopravvivenza è già in corso, mentre gli obiettivi europei di autonomia strategica sono ora a rischio.

Northvolt: un simbolo per l’indipendenza europea Northvolt non è la più grande azienda per fatturato o numero di dipendenti, ma fin dall’inizio è stata un simbolo dello sforzo dell’Unione Europea di emanciparsi dalla dipendenza dalla Cina nel settore delle batterie. La startup, cofondata dall’italiano Paolo Cerruti, ex ingegnere di Tesla, aveva attratto investimenti importanti da parte di BMW e Volkswagen, oltre a ricevere miliardi di finanziamenti dalla Banca Europea per gli Investimenti e dal governo tedesco.

Nonostante queste fondamenta solide, la crisi del mercato dell’auto elettrica e le difficoltà nel raggiungere gli obiettivi produttivi hanno spinto Northvolt in una grave crisi. L’azienda ha licenziato di recente 1.600 dipendenti, circa il 20% del totale, e ha drasticamente ridimensionato i piani di espansione. Ora è in cerca disperata di nuovi finanziamenti per evitare il fallimento.

Morti sospette e crisi del settore elettrico Eppure il 2024 sembrava essere iniziato con buone prospettive per Northvolt. A gennaio, l’azienda aveva ottenuto un prestito “verde” di 5 miliardi di dollari, garantito in parte dalla BEI e da altre banche, tra cui Intesa Sanpaolo. Questi fondi dovevano essere impiegati per ampliare la Gigafactory di Skellefteå, in Svezia, e per costruire un impianto dedicato al riciclo dei materiali, un passo essenziale per garantire la sostenibilità aziendale. In aggiunta, il governo tedesco aveva concesso 902 milioni di euro di sostegno per la costruzione di un secondo impianto.

Le difficoltà sono emerse nei mesi seguenti. L’impianto di Skellefteå, che aveva prodotto la sua prima batteria nel 2022, non è riuscito a raggiungere i volumi produttivi previsti. La produzione è rimasta a un livello molto inferiore rispetto a quanto pianificato. A complicare ulteriormente la situazione, tre dipendenti sono morti in circostanze ancora non chiarite, portando a un’indagine i cui esiti non sono stati ancora divulgati.

Il piano di indipendenza energetica europea in pericolo A peggiorare ulteriormente il quadro, BMW ha annullato un ordine del valore di 2 miliardi di dollari, mettendo Northvolt in una situazione economica sempre più critica. In tutta Europa, le vendite di auto elettriche sono crollate, aggravando la crisi dei produttori, inclusi quelli tedeschi. Un eventuale fallimento di Northvolt non riguarderebbe solo l’azienda stessa, ma metterebbe in discussione l’intero progetto di indipendenza industriale europea.

L’Unione Europea, spinta dalla Commissione presieduta da Ursula von der Leyen, aveva avviato un ambizioso piano di autonomia strategica per contrastare gli investimenti cinesi e americani nelle tecnologie chiave. La crisi di Northvolt ci mette di fronte a una realtà scomoda: i costi enormi necessari per produrre in Europa ciò che finora è stato acquistato dalla Cina. E ora Bruxelles è in allarme.