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Le città al Pd, la provincia alla Lega: il paradosso dell’Italia al voto

C’è un’indicazione che arriva precisa dal voto espresso dagli italiani nel corso delle ultime europee. Non un’equazione matematica, ma comunque un trend significativo: la provincia ha visto trionfare quasi ovunque Salvini, nelle città il Pd ha invece tenuto botta e in diverse realtà si è anche confermato come primo partito d’Italia. Un fattore già emerso con le nazionali di poco più di un anno fa, quando i rapporti di forza fra la Lega e i partner di governo dei Cinque Stelle erano ancora sbilanciati a favore dei secondi: uno scollamento profondo fra le inclinazioni di voto dei centri urbani e quello delle province.

Simbolico in questo senso il caso di Bergamo, con una provincia spiccatamente leghista e un centro città che ha invece rinnovato la fiducia al primo cittadino dem. Ma, sottolinea il Sole 24 Ore, non è l’unico esempio: “più che fra Nord e Sud, i vecchi estremi delle coordinate politiche nazionali, il divario sembra essere tra la minoranza che vive all’interno dei centri metropolitani e la maggioranza che risiede all’esterno”.


Limitandosi alle Europee, basta a dare uno sguardo ai comuni dove il Pd è riuscito a primeggiare. Tra le prime dieci città per popolazione, sei hanno votato in prevalenza i Dem (Roma, Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze) e le restanti quattro si sono orientate sui Cinque stelle (Napoli, Palermo, Catania, Bari). Non c’è traccia della Lega, che pure domina in maniera quasi uniforme i voti complessivi nelle regioni di Nord e Centro Italia. Nel dettaglio dei dem, a Torino-città il Pd viaggia al 33,47% contro il 27,35% guadagnato nella provincia.Roberto Biorcio, docente di sociologia e ricerca sociale all’Università Bicocca di Milano, fa notare che il divario tra l’andamento di un partito può raggiungere sbalzi “anche di 10 punti percentuali” fra città e provincia. Vale anche per il Pd e la Lega, ma anche per il “terzo incomodo” uscito in frantumi dall’ultimo voto, i Cinque stelle. Le ragioni? Biorcio individua almeno due elementi, concatenati fra loro.

“In primo luogo nei piccoli centri e nelle aree più periferiche abitano persone con più difficoltà economiche – dice – Mentre in qualche modo nei grandi centri abitano famiglie e persone dotate di maggiori risorse economiche. Quindi le prime hanno subito maggiormente la crisi e tendono a votare per forze di rottura contro il “sistema” e i partiti avvertiti come tradizionali”.

In parte, però, il voto a un partito “identitario” come la Lega risponde soprattutto al desiderio di chiusura verso l’estero e alla difesa dello status quo: “Può sembrara paradossale, ma proprio in regioni ricche e con pochi migranti si tende a chiedere più chiusura – spiega Biorcio – Nel Nord conta l’aspetto di difesa del proprio benessere”.

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