Altro che cene eleganti. Secondo i giudici, quelli nelle ville di Silvio Berlusconi non erano niente altro che festini dove diverse donne si prostituivano. Lo ha confermato la settimana scorsa la Corte di Cassazione che ha respinto l’appello presentato dagli avvocati di Giampaolo Tarantini. L’imprenditore pugliese, già in carcere per droga, è stato riconosciuto colpevole di aver ingaggiato escort da portare a casa dell’allora premier. Diventa così ancora più ad ostacoli la corsa del Cavaliere verso il Quirinale.
A 13 anni dalle cosiddette cene eleganti nelle ville del Cavaliere, era il 2008, arriva la prima sentenza definitiva su quei fatti. Ad emetterla, come detto, la Corte di Cassazione che ha confermato la condanna in appello a 2 anni e dieci mesi per Gianluca Tarantini. Secondo i giudici, l’imprenditore, allo scopo di fare una rapida carriera, non si fece scrupoli nell’assoldare diverse prostitute da portare nelle feste di Berlusconi.
Tarantini comunque non andrà nuovamente in carcere perché gli sono state riconosciute alcune attenuanti. Ma anche perché buona parte dei reati a lui ascritti è caduta in prescrizione. La sentenza però mette nero su bianco che le abitazioni dell’allora premier fossero frequentate da donne a volte legate anche a personaggi della criminalità organizzata. Con il conseguente rischio per Berlusconi di essere spiato o perfino ricattato.
“Tarantini e gli altri imputati assecondavano il desiderio dell’allora premier Silvio Berlusconi, presso le residenze di Pallazo Grazioli, Villa Certosa, Villa San Martino, di circondarsi in momenti di diporto extra istituzionale di donne avvenenti e disponibili”, si legge nella sentenza. Donne considerate senza alcun dubbio delle prostitute. E Tarantini “si è adoperato per soddisfare le esigenze sessuali di Berlusconi, mosso dalla finalità di lucrarne dapprima la confidenza e quindi la gratitudine”. Niente cene eleganti dunque.
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