La nuova legge di bilancio spalanca le porte delle banche all’Agenzia delle Entrate, che per effettuare i pignoramenti potrà entrare direttamente nei conti correnti dei contribuenti inadempienti. Così, a partire dal prossimo anno, gli agenti della riscossione potranno prelevare praticamente con un clic quanto serve per saldare i debiti col Fisco dei contribuenti morosi, senza dover più chiedere alle banche informazioni relative all’esistenza o meno di giacenze e saldi aggredibili e dover seguire una trafila lenta quanto complessa.
Fisco, il pignoramento telematico dei conti correnti
Lo prevede l’articolo 23 della nuova legge di Bilancio, che nell’ambito della lotta all’evasione introduce una nuova norma destinata ad accorciare notevolmente i tempi di questo tipo di procedure. Al decreto sulla riscossione varato nel lontano 1973 e poi integrato negli anni successivi adesso viene infatti aggiunto un nuovo articolo sul pignoramento telematico dei conti correnti che consente all’agente della riscossione di accedere mediante collegamento telematico diretto, alle informazioni relative alle disponibilità giacenti sui conti correnti dei contribuenti morosi saltando il passaggio che oggi consente il pignoramento dei conti solo dopo aver consultato l’archivio dei rapporti finanziari. Il tutto avverrebbe come oggi sempre in fase stragiudiziale, spiega oggi La Stampa, ovvero senza alcuna regolamentazione prevista dal codice, al di fuori del tribunale, fermo restando il fatto che non vengano violate specifiche norme di legge.
In base al nuovo provvedimento inserito in manovra, scrive la Stampa, se l’accesso diretto al conto «ha consentito di individuare crediti del debitore nella disponibilità di uno o più operatori finanziari, l’agente della riscossione redige e notifica telematicamente al terzo (ovvero alla banca o all’operatore finanziario – ndr), senza indugio, l’ordine di pagamento, con le specifiche modalità informatiche stabilite con decreto del ministero dell’Economia e delle finanze». Quindi si prevede che la notifica dell’ordine di pagamento, pena la sua nullità, “sia effettuata anche al debitore non oltre trenta giorni dalla notifica alla banca”.
Le norme in vigore oggi prevedono che la procedura esecutiva per riscuotere gli arretrati col Fisco possa prevedere il pignoramento di somme, beni mobili e beni immobili del contribuente inadempiente. L’espropriazione forzata è preceduta dalla notifica dell’avviso di intimazione in tutti i casi in cui la notifica della cartella di pagamento sia avvenuta da più di un anno. Per quanto riguarda poi le somme liquide è previsto che il pignoramento possa essere effettuato anche sulle somme depositate sul conto corrente, a esclusione dell’ultimo stipendio che resta sempre disponibile per qualsiasi necessità del debitore.
La nuova misura non sarà immediatamente esecutiva: per procedere con questa «rivoluzione» è infatti previsto che le soluzioni tecniche di «cooperazione applicativa» vengano definite sentendo l’Associazione bancaria italiana, Poste Italiane e l’Associazione italiana dei prestatori servizi di pagamento e quindi il Garante per la protezione dei dati personali, questo – specifica l’articolo 23 della legge di Bilancio – «anche ai fini dell’adozione, da parte dell’Agenzia delle entrate–Riscossione, di idonee misure di garanzia a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati, attraverso la previsione di apposite misure di sicurezza, anche di carattere organizzativo», in conformità con le norme attualmente in vigore.
Fisco, l’esperto: “Dimenticati i diritti dei contribuenti”
Secondo Carlo Carmine, fondatore di Cfi (Crisi fiscale d’impresa) di Milano, l’accesso diretto ai conti correnti da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione «è la ciliegina sulla torta di un sistema che sembra aver dimenticato i diritti dei contribuenti. Si rischia di vedere azioni esecutive su debiti che potrebbero essere prescritti o affetti da vizi, senza che il contribuente abbia avuto la possibilità di difendersi in anticipo». Come spiega poi l’avvocato Simone Forte, altro socio di Cfi,«prima dell’introduzione della non impugnabilità degli estratti di ruolo, il contribuente aveva la possibilità di verificare la propria situazione debitoria e di identificare eventuali errori prima di subire azioni esecutive. Ora, invece, il contribuente è esposto prima alle azioni esecutive e solo successivamente può tentare di difendersi. È inutile parlare di fisco amico – conclude Forte – se poi le leggi create vanno in direzione opposta».