26 misure di custodia cautelare per altrettante persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, truffa, riciclaggio, estorsione, traffico di droga, corruzione, turbata libertà degli incanti, trasferimento fraudolento di beni e fatture false. Un’indagine che ricostruisce come la ‘ndrangheta sia riuscita a mettere le mani sulla città di Verona e che vede tra le persone finite nel mirino degli investigatori anche un esponente della destra locale, Andrea Miglioranzi, già presidente dell’azienda municipalizzata dei rifiuti Amia finito agli arresti domiciliari.
Come anticipato da Il Fatto Quotidiano, l’inchiesta interessa anche Flavio Tosi, ex sindaco leghista della città poi espulso dal partito che però ha respinto le accuse: “Peculato? Non ne so nulla e non ho ricevuto perquisizioni domiciliari”. L’operazione Isola Scaligera al momento ha visto finire in carcere 17 persone, mentre nei confronti di altre 6 sono stati disposti gli arresti domiciliari e per 3 è stato disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Le indagini sono state condotte tra il 2017 ed il 2018 da un gruppo di lavoro composto dagli investigatori della prima divisione del Servizio Centrale Operativo (Sco) della Polizia e dai poliziotti delle squadre mobili di Verona e Venezia.
Le accuse ruotano attorno alla figura di Antonio Giardino, secondo gli inquirenti esponente della ‘ndrangheta di Isola di Capo Rizzuto e riconducibile alla cosca degli Arena-Nicoscia. La famiglia avrebbe radicato attività illecite nella provincia veneta, mantenendo rapporti affaristici con strutture mafiose analoghe operanti in Emilia-Romagna e Lombardia.
Ai domiciliari anche due funzionari dell’Amia accusati di aver intrattenuto rapporti con l’organizzazione. Sono stati eseguiti sequestri per 15 milioni su beni immobili e quote societarie. Il business ruotava attorno al riciclaggio di ingenti quantità di denaro provenienti dallo spaccio di sostanze stupefacenti. Intorno a Tosi secondo il Fatto Quotidiano sarebbe stato ipotizzato il reato di peculato.
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