Ci sono le mani di Paolo Arata sul contratto di governo firmato nel 2018 da Lega e Movimento Cinque Stelle, le due forze politiche emerse vincitrici dalle elezioni. L’ex politico di Forza Italia e consigliere della Lega per l’energia, socio in affari di quel Vito Nicastri soprannominato il “re dell’eolico” e sospettato di essere uno dei finanziatori della latitanza del boss Messina Denaro, sarebbe riuscito a influenzare il documento, come emergerebbe da alcune intercettazioni pubblicate il 22 luglio.
Arata sarebbe riuscito a far aggiungere una postilla favorevole agli impianti a biometano sui quali aveva sviluppato alcuni progetti in Sicilia. Decisivo l’intervento dell’ex sottosegretario della Lega Armando Siri, indagato per corruzione proprio con Arata. I pm sospettano che Arata abbia pagato o promesso al leghista una tangente da 30 mila euro in cambio dell’approvazione di un emendamento – mai passato – per favorire le imprese dell’eolico, settore in cui Arata opera con Nicastri.
Questo sarebbe però soltanto uno dei tanti fronti della loro collaborazione. Oltre all’eolico e al biometano, i due avrebbero concordato le mosse per ostacolare un decreto sulle rinnovabili voluto nel 2017 dall’ex ministro Calenda. L’obiettivo di Arata era mettere i Cinque Stelle contro i Cinque Stelle. L’ex politico di Forza Italia, scrivono gli inquirenti, stava portando avanti degli “impianti di produzione di energia e biometano da biomasse […] insieme a Nicastri, in Sicilia”.
Questi progetti “erano invisi ai movimenti ambientalisti locali”, che avevano trovato trovato voce nel Parlamento di Roma in un politico dei verdi e nel Parlamento siciliano in due politici del Movimento 5 Stelle. Quando il M5s nazionale ha dato l’ok all’inserimento della postilla sul biometano ha, di fatto, indebolito la battaglia dei Cinque Stelle siciliani: fatto quest’ultimo di cui Arata era perfettamente consapevole.
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