Un caso che sta facendo discutere, tra le tante polemiche che stanno segnando la difficile fase che vede l’Italia impegnata a contrastare l’emergenza coronavirus. Nel Piemonte, infatti, molte e-mail inviate ai Servizi di igiene e sanità pubblica da parte di medici di base, che volevano segnalare quali tra i loro pazienti avevano sintomi riconducibili al coronavirus, non sarebbero arrivate per un banale quanto grottesco dettaglio: la casella di archiviazione della posta era pinea.
A raccontarlo è stato il dottor Roberto Testi, presidente del Comitato Scientifico che affianca l’Unità di crisi della Regione. In un’intervista concessa alla testata Lo Spiffero, il dottore ha parlato di “problemi tecnici”, spiegando poi: “
Quando me lo chiedono dico che il bagnino non ha fermao lo tsunami. Eravamo totalmente impreparati ad affrontare questa situazione”.Tra i problemi, appunto, le difficoltà nelle comunicazioni tra medici di famiglia e il Sisp: “
Per quanto riguarda i primi cento casi, ho la certezza che siano stati gestiti perfettamente, anche attraverso un lavoro di contact tracing per risalire ai rapporti recenti dei contagiati. Nei primi giorni, la casella si è riempita perché aveva una capienza insufficiente ed è possibile che qualche messaggio si sia perso, ma confido anche che chi si è visto rifiutare il messaggio si sia rifatto vivo. Il Sisp della mia Asl aveva un medico e due infermieri a gestire le centinaia di mail che i medici di base inviavano ogni giorno”.“Ci siamo accorti che le mail non lette il giorno prima venivano cancellate dal sistema il giorno successivo” ha aggiunto Testi, spiegando come in ogni e-mail ci fossero i dati anagrafici di un eventuale paziente, i suoi sintomi e i contatti, dati su cui il Sisp avrebbe dovuto eventualmente ordinare il tampone, sentire il paziente e ordinare l’isolamento. “A processare le richieste adesso ci sono otto tra medici e infermieri, non più tre. Nella sola Torino abbiamo in carico più di 4 mila persone”.
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