Le tariffe Adsl, come del resto quelle relative ai servizi, nel nostro Paese sono ormai da tempo un vero caso, tanto da indurre alla protesta anche Confindustria, secondo i cui analisti il sistema Italia ne sarebbe sensibilmente gravato, pagando dazio verso i diretti concorrenti sui mercati internazionali.
Il caso relativo ai servizi telefonici è però esploso fragorosamente nel corso dell’ultimo biennio, con le bollette rincarate quasi di un terzo. Una crescita pagata a caro prezzo in particolare dalle famiglie, che vedono la propria economia gravata di oltre 9 euro mensili in in più, come attesta il passaggio dai 27,9 euro di agosto 2015 ai 36,1 con cui si è chiuso il settembre 2016. Ad attestare questo dato è stato il sito Sostariffe, il quale ha provveduto ad aggregare i prezzi dei vari servizi al fine di compararli. Se qualcuno pensa che le responsabilità di tutto ciò siano da ascrivere alla fatturazione a 28 giorni, che ha in pratica portato a tredici le mensilità, si trova però parzialmente fuori strada. Proprio gli analisti del portale hanno infatti precisato come il notevole aumento delle tariffe sia stato provocato dalla vera e propria esplosione dei cosiddetti servizi accessori, ovvero le offerte aggiuntive, le promozioni e i regali che all’atto pratico sono invece dei costi effettivi.
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Il report di Sostariffe
Lo studio di Sostariffe ha preso come base di indagine il totale dei costi obbligatori, andando infine ad evidenziare come la concorrenza sempre più forte abbia spinto le compagnie a cercare di erodere quote di mercato agli avversari puntando con forza sempre più dirompente su una serie di iniziative promozionali estremamente aggressive, molto più che in passato. Da questa guerra commerciale è sortito un abbassamento delle bollette che è soltanto apparente, in quanto la discesa delle tariffe, stimata intorno al 6,4%, fa riferimento solo al primo anno di validità dell’abbonamento sottoscritto, dopo di che il livello di spesa torna ad aumentare notevolmente con l’avanzata del tempo. Una volta scaduto il primo anno, per l’utente che ha sottoscritto la nuova offerta sono quindi dolori, in quanto i servizi aggiuntivi che sembravano un affare, rincarano in maniera evidente, trascinando verso l’alto il costo finale della bolletta. Insomma, l’esaurimento della fase propulsiva rappresentata dalla promozione corrisponde ad un vero e proprio bagno di sangue. Reso ancora più aspro dalla decisione presa dalla maggior parte delle compagnie di fatturare a 28 giorni, aggiungendo in pratica una mensilità in più. Una decisione che l’Agcom ha censurato soltanto in parte, ammettendola comunque per il settore della telefonia mobile.
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La fatturazione a 28 giorni
Va comunque sottolineato come se pur non incriminata direttamente per il notevole rincaro delle tariffe, la fatturazione a 28 giorni abbia costituito un ulteriore passo verso una situazione che fa del nostro Paese un vero caso a livello continentale, l’ennesimo.
E’ stata l’UNC (acronimo di Unione nazionale consumatori) a calcolare come in tal modo i consumatori siano stati costretti a sborsare oltre l’8% in più ogni anno. La stessa associazione ricorda come peraltro la nuova scadenza temporale delle bollette impedisca al consumatore di confrontare i costi sostenuti con quelli cui dovrebbe sottoporsi ove cambiasse operatore. In pratica in tal modo sarebbe ulteriormente falsato il regime di concorrenza, a discapito degli utenti.
La preoccupazione delle istituzioni
Naturalmente anche le istituzioni sono state costrette ad esaminare la nuova situazione creatasi, tanto da spingere più di un rappresentante politico ad affermare la necessità di risolvere il tutto a livello normativo, magari ricorrendo alla prossima Legge di Stabilità, che sta per iniziare la sua navigazione in Parlamento, per mettere le aziende di telefonia con le spalle al muro.
Anche se venisse accolta questa impostazione, però, il danno rimarrebbe, in quanto le indicazioni di quella che una volta era definita Finanziaria non sarebbero retroattive. In pratica le precedenti mensilità non sarebbero rimborsate e l’unica speranza in tal senso rimarrebbe il TAR del Lazio, chiamato a pronunciarsi proprio sulle disposizioni emanate dall’autorità che presiede al corretto funzionamento del mercato delle comunicazioni.