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Salvini, la Lega e quei pericolosi legami con la ‘ndrangheta in Calabria: l’inchiesta

Dopo le foto con il capo ultrà del Milan condannato per pestaggi e traffico di droga, per il ministro dell’Interno Matteo Salvini si apre un altro fronte complicato, molto complicato: quello relativo a zone d’ombra della Lega calabrese nei suoi probabili rapporti con la ‘ndrangheta. Il volto più noto della Lega a Rosarno nasconderebbe un imbarazzante segreto. Vincenzo Gioffrè, 37 anni, è il regista del successo elettorale di Matteo Salvini nel paese della piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. Comune simbolo dello sfruttamento dei braccianti africani, sciolto due volte per mafia, dove il potere della ’ndrangheta è capillare.

E dove la Lega ha raggiunto uno dei risultati più sorprendenti delle ultime elezioni, ottenendo il 13% dei voti dopo che cinque anni prima il pallottoliere si era fermato a un misero 0,25 per cento. Ufficialmente Gioffrè si presenta come piccolo imprenditore attivo nel settore del verde pubblico. L’Espresso, però, ha ricostruito – grazie a visure camerali e documenti giudiziari – il “curriculum” di quest’uomo.

Si scopre così che Gioffrè allo scoccare del 2000 ha fondato una società cooperativa con Giuseppe Artuso. Personaggio che la procura antimafia di Reggio Calabria ritiene vicinissimo al clan Pesce, una delle cosche più potenti della ’ndrangheta, che da Rosarno si è spinta fino a Milano e al Sud della Francia. I Pesce, per dire, controllano un’ampia fetta del mercato internazionale della cocaina, tanto che uno dei capi clan, Antonino Pesce, due anni fa riuscì persino ad assoldare un comandante di un mercantile per portare la droga dal Sudamerica al porto di Gioia Tauro, regno incontrastato delle cellule mafiose dei paesi della piana.La creazione della coop agricola non è l’unico affare che collega il capo dei leghisti rosarnesi alla cosca locale. Gioffrè ha creato infatti anche un altro consorzio di cooperative agricole al cui vertice fino al 2013 c’era Antonio Francesco Rao, uomo ritenuto dagli investigatori molto vicino al clan Bellocco, affiliato a quello dei Pesce.
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini è consapevole dei legami d’affari che collegano il suo rappresentante a questi personaggi?

Di sicuro il leader della Lega è stato ospite della sezione di Rosarno nei giorni immediatamente successivi al trionfo dello scorso 4 marzo. D’altra parte lui è stato eletto proprio lì: senatore della Repubblica grazie ai voti “raccolti” in Calabria. Gioffrè era tra gli organizzatori della festa-comizio nel liceo di Rosarno. Evento al quale, come ha scritto Repubblica e hanno confermato fonti investigative a L’Espresso, erano presenti esponenti dei clan.

Un bagno di folla per il futuro titolare del Viminale e vicepremier. Un ringraziamento personale a Gioffrè, l’uomo che ha fatto affari con presunti ’ndranghetisti. Eppure non troppo tempo fa lo stesso Salvini dichiarava: “Mi sento molto meglio se chi puzza di mafia sta lontano da me”. Evidentemente a Salvini non funziona bene l’olfatto…

Da quando è a capo del partito Salvini ha già dovuto fare i conti con le grane giudiziarie dei leghisti del Sud. E non ha detto una parola. Indagini sul voto di scambio in Sicilia. Finte minacce denunciate dal suo viceré sull’isola, Angelo Attaguile, che la procura di Catania ha chiesto di condannare a una multa salata per essersi inventato tutto. Senza dimenticare l’appoggio in Campania di ex fedelissimi di Nicola Cosentino, condannato a nove anni per concorso esterno in associazione camorristica.

E il pacchetto di voti offerti alla Lega da Giuseppe Scopelliti, pezzo da novanta della politica calabrese, ex governatore e già sindaco di Reggio, oggi in carcere per il dissesto delle casse del municipio e su cui pesano i sospetti della procura locale: secondo pentiti e magistrati Scopelliti è stato appoggiato nella sua ascesa politica dal clan De Stefano.

Gioffrè, classe ’81. Nel 2011 le cimici degli investigatori lo intercettano mentre parla con un amico. È Biagio Delmiro, affiliato al clan Pesce e condannato a 10 anni per mafia. Delmiro e Artuso discutono di latitanti. Di più: parlano del fuggitivo all’epoca più ricercato d’Italia, Francesco Pesce detto “Testuni”. Artuso – ha raccontato un collaboratore di giustizia, affidabile secondo i detective – è insieme a Delmiro un componente dell’ala del clan che cura la custodia delle armi per i Pesce.

Insomma, l’artefice del successo elettorale della Lega nella Piana di Gioia Tauro sarebbe stato per oltre dieci anni in affari con l’armiere di una delle più potenti cosche della ’ndrangheta. Gioffrè ha fondato una cooperativa ortofrutticola, la Agri 2000, chiusa per decisione del ministero dello Sviluppo economico nel 2013, dopo tredici anni di attività svolta senza mai depositare un bilancio.

È dunque questo il contesto in cui Gioffrè, il leghista della Piana, l’artefice dell’exploit elettorale di Salvini a Rosarno, ha mosso i primi passi da imprenditore. Seppure senza mai inciampare in ostacoli giudiziari, restano scolpiti negli atti le frequentazioni e la contiguità dei suoi partner d’affari con il male peggiore della Calabria, la ’ndrangheta.

Come si legge su l’inchiesta de L’Espresso: “Seppure senza mai inciampare in ostacoli giudiziari, restano scolpiti negli atti le frequentazioni e la contiguità dei partner d’affari di Gioffrè con il male peggiore della Calabria, la ’ndrangheta”. Una puzza di commistioni tra impresa e mafia dalla quale Salvini non ha ancora preso le distanze. “La pacchia è finita” vale anche per i partner d’affari dei leghisti calabresi? Staremo a vedere.

 

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