Lo aveva auspicato il patron Bernardo Caprotti: una vendita a un gruppo internazionale. Pensava ad Ahold invece l’interesse è cinese. Ma Marina Caprotti non ci sta
L’italianissima Esselunga potrebbe diventare cinese. Pare che il desiderio espresso dal defunto patron Bernardo Caprotti – si era
raccomandato di vendere Esselunga a un gruppo internazionale – potrebbe realizzarsi. Recentemente è giunta un’offerta miliardaria da parte del colosso cinese dell’immobiliare e dell’energia Yida International Investment. Attraverso i suoi legali, il gruppo avrebbe fatto pervenire a tutti gli azionisti di Supermarkets Italiani e dell’immobiliare Villata, un’offerta a nove zeri, sotto forma di manifestazione d’interesse vincolante subordinata ad una due diligence. Un’offerta di ben di 7,5 miliardi di euro, addirittura più del massimo della valutazione offerta lo scorso settembre dai fondi di private equity Blackstone e Cvc (addirittura del 25%), che avevano valutato il gruppo una cifra oscillante tra i 4 e i 6 miliardi.
Pare che non se l’aspettasse proprio Marina Caprotti, erede insieme alla madre Giuliana Albera, del 70% del gruppo e del 55% della società immobiliare che raggruppa alcuni dei centri commerciali affittati alla stessa Esselunga.
Marina Caprotti per la gestione familiare del Gruppo
Anche perché Marina sembra oggi più orientata a tenere la proprietà e a continuare a gestire il gruppo in modo familiare sotto la guida di Carlo Salza (anche perché sono 7,54 i miliardi di fatturato registrati nel 2016). Una gestione familiare che ha visto entrare come amministratore non esecutivo anche il di lei marito, Francesco Moncada di Paternò, che, con Bernardo Caprotti in vita, non era mai stato coinvolto gruppo, e a cui – a testimonianza del buon rapporto – aveva lasciato la preziosa Bentley per farla “diventare veramente vintage”. Sul fatto di venderla il fondatore di Esselunga aveva specificato che “è troppo pesante condurla e pesantissimo possederla. Questo Paese cattolico non tollera il successo. Occorre trovarle, quando i pessimi tempi italiani fossero migliorati, una collocazione internazionale”. Si aspettava Ahold sarebbe ideale. Invece ecco spuntati i cinesi.
Con l’ultima riga del testamento scritta molto chiaramente dall’autore di “Falce e carrello”: “attenzione: privata, italiana, soggetta ad attacchi, può diventare Coop. Questo non deve succedere”.
Beghe tra eredi relative alla quota di legittima
Da mesi, gli eredi discutono sul da farsi, con Marina – come già anticipato – orientata insieme al marito ad andare avanti nella gestione e a liquidare i fratelli. La madre Giuliana, memore degli anni vissuti accanto al marito oberato di lavoro, non sarebbe del tutto convinta. E non lo sono nemmeno gli altri figli Giuseppe e Violetta, ma per altri motivi. Intanto gli avvocati stanno cercando di trovare una soluzione di compromesso, anche perché pare sia stata riscontrata nel testamento una violazione della quota di legittima, spettante per legge a Violetta e Giuseppe.
A complicare le cose anche il fatto che Marina e la madre Giuliana non hanno mezzi sufficienti per liquidare Giuseppe e Violetta, né possono caricare di debiti Esselunga, senza il rischio di pregiudicare l’attività del gruppo.
Fonte principale: www.repubblica.it