Toni diversi, opposti. Come opposte sono le due storie finite per convergere una verso l’altra in questi giorni ad alta tensione, quelli che hanno visto il caso Sea Watch dividere l’Italia. Da un lato la capitana Carola, che a bordo della sua imbarcazione ha atteso per giorni a largo di Lampedusa l’ok per far sbarcare 40 migranti, decidendo alla fine di entrare nel porto in barba ai divieti. Dall’altro Matteo Salvini, che ha invocato a più riprese l’arresto e l’espulsione della donna, da lui additata come nemica dello Stato.
“Disubbidire a leggi dello Stato, attaccare, speronare, rischiare di ammazzare militari Italiani non vale la galera. E questa sarebbe ‘giustizia’? Ma – assicura – non mi arrendo: restituiremo onore, orgoglio, benessere, speranza e dignità alla nostra Italia, costi quello che costi” queste le parole con le quali il ministro dell’Interno, con i soliti toni duri e molto netti, commentava la decisione del gip di non convalidare l’arresto di Carola, fermata dalla guardia di finanza appena toccato il suolo italiano.
Dall’altra parte lei, la diretta interessata, che ha cercato di evitare ogni ulteriore clamore mediatico e si è limitata a commentare: “
Sono molto commossa per la solidarietà espressa nei miei confronti da così tanta gente. Voglio sottolineare che tutto l’equipaggio della Sea Watch 3 ha reso questo possibile e nonostante l’attenzione si sia concentrata su di me, è come una squadra che abbiamo tratto in soccorso le persone, ci siamo presi cura di loro e le abbiamo portate in salvo”.
Un registro linguistico ben diverso che rimarca ancora una volta le distanze tra i due protagonisti dell’accaduto. Divisi gli utenti, che si danno battaglia sui social sostenendo l’una e l’altra parte. Ma mentre Carola cerca di gettare acqua sul fuoco e chiudere il prima possibile questa vicenda, sul fronte Lega gli attacchi si susseguono giorno dopo giorno. Per Salvini, la liberazione della capitana è stata vissuta come un affronto personale. E la battaglia, a suo dire, non può finire qui.
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