Il Pd ha il suo nuovo segretario, che l’Assemblea nazionale di domenica sancirà con un voto quasi unanime. Enrico Letta ha infatti sciolto la sua riserva e ha accettato di candidarsi alla guida del Pd. Il nodo che ha spinto l’ex premier ad attendere fino ad ora è costituito dall’ampiezza della base che lo sosterrà all’Assemblea, visto che a questo appuntamento intende presentarsi non come semplice traghettatore verso un “congresso conta” da tenersi entro pochi mesi, bensì come segretario a tutti gli effetti, senza limiti temporali al suo mandato se non quelli dello statuto, che si impegna ad aprire una fase costituente per il Partito per il suo rinnovamento.
“Sono grato per la quantità di messaggi di incoraggiamento che sto ricevendo – ha scritto su Twitter Letta – Ho il Pd nel cuore e queste sollecitazioni toccano le corde più profonde”. In effetti appena domenica, sempre sui social, lo stesso Letta aveva escluso un suo ritorno in campo. Ma Dario Franceschini e Nicola Zingaretti sembrano i più decisi a sostenere il suo arrivo.
L’argomento usato è che il suo nome sarebbe stato quello più unitario, quello con più possibilità di tirar fuori il Pd dalla “palude” in cui è finito. Se il primo ha optato per la riservatezza, il secondo ha fatto capire il proprio orientamento attraverso le dichiarazioni di alcuni dirigenti a lui vicini che hanno incoraggiato Letta a sciogliere la riserva e tutte le correnti a dargli l’appoggio.
Il congresso resta il punto fermo di Base Riformista, che con Letta candidato è rimasta spiazzata. Letta ha accettato solo di fare il segretario a pieno titolo, con la scadenza al 2023 prevista dallo Statuto, così da guidare i Dem non solo alle amministrative di ottobre, ma anche nelle trattative di gennaio 2022 per l’elezione del Presidente della Repubblica. Invece, da Base Riformista è arrivato il sì a Letta, ma con la precisazione di Andrea Marcucci e Alessia Morani che occorrerebbe comunque un congresso in autunno.
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