Sarà Enrico Letta il segretario traghettatore di questo Pd in crisi nera? I big Dario Franceschini, Andrea Orlando e lo stesso Nicola Zingaretti in queste ore sono in pressing sull’ex premier. Stando al Corriere, “sembra che nelle ultime ore Letta si sia convinto a prendere in mano le redini del Pd. Ma ovviamente pone delle condizioni. Fondamentalmente due”. Innanzitutto, che la sua candidatura sia la più unitaria possibile e poi il congresso nel 2023. Sull’unità, “un requisito minimo per chi si dovrebbe accingere a guidare i dem, tanto più dopo la travagliata vicenda di Nicola Zingaretti, che ha lasciato la segreteria proprio a causa delle divisioni del Pd”.
Letta può contare sulla maggioranza che ha eletto Zingaretti, che dopo la scissione renziana, ha in Assemblea nazionale numeri quasi bulgari: il 75 per cento circa. “Infatti garantisce la continuità della politica di quell’area sia per quel che riguarda il rapporto con i 5 Stelle che per la distanza da Matteo Renzi. Dicono anche che vi sarebbe da parte di Letta la richiesta di indire poi il congresso a scadenza naturale, ossia nel 2003, senza anticiparlo di un anno”.
Ma le minoranze interne sembrano ancora guardinghe. Così Base riformista, ossia la corrente di minoranza del Pd che ha un terzo del gruppo della Camera e quasi la metà di quello del Senato. Matteo Orfini, leader dell’altra minoranza dem, ai suoi che gli chiedevano lumi su Letta, ieri ha risposto con un laconico: “È ancora tutto prematuro”.
L’idea però di dover aspettare le assise nazionali per dare una guida stabile al Partito democratico non convince affatto i sostenitori della candidatura di Letta. Il ministro della Cultura Franceschini ancora ieri con i suoi insisteva: “Non possiamo mettere un re Travicello, ci vuole una figura autorevole”. Letta, appunto.
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