Sono passati quasi due anni e mezzo dalla morte avvolta ancora nel mistero di Liliana Resinovich. Il 14 dicembre 2021 la donna uscì dalla sua casa per non tornarci più. Il suo corpo venne poi rinvenuto a inizio gennaio in un bosco, avvolto in dei sacchi di plastica. Ora però una nuova traccia potrebbe portare alla soluzione di questo intricatissimo caso. Si tratta della mesalazina, una molecola che viene impiegata in farmacia e che, secondo l’autopsia, in cui è stato commesso un errore, è stata trovata nel corpo di Liliana. La mesalazina non è in grado di uccidere una persona. Ma potrebbe rappresentare un indicatore per comprendere quanto accaduto alla donna durante le sue ultime ore di vita.
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L’errore nell’autopsia sul corpo di Lilaina Resinovich
Dopo la prima autopsia effettuata sul corpo di Liliana Resinovich, la Procura di Trieste decide di chiedere l’archiviazione dell’inchiesta perché “non si rilevano segni che possano essere riferibili a violenza per mano altrui o comunque chiaramente riferibili a un delitto. Insomma, la donna avrebbe deciso di darsi “una morte asfittica tipo spazio confinato (‘plastic bag suffocation’) senza importanti legature o emorragie presenti sul collo”.
Cos’è la mesalazina
Dopo l’esplosione mediatica del caso, però, la magistratura decide di chiedere un supplemento di indagini e una nuova autopsia. Nella prima infatti sarebbe stato commesso un “errore di distrazione”. Sono state infatti rilevate tracce di 5- amino- acido salicilico, un composto che si trova nelle urine che, secondo l’autopsia, indicherebbe l’assunzione pregressa di un’aspirina o di una comune tachipirina. Ma si tratta appunto di un errore perché è stato scambiato un gruppo amminico con un gruppo acetilico.
Infatti il 5- amino- acido salicilico non si trova nella aspirina, ma nella mesalazina, ovverosia in un farmaco che viene venduto solo con prescrizione medica e più frequentemente usato per curare il morbo di Crohn o le infiammazioni intestinali. Quindi, se Liliana Resinovich è morta a gennaio, e non soffriva del morbo di Crohn, deve per forza essere entrata in contatto con la mesalazina, che si smaltisce in circa 36 ore), vicino al luogo dove abitava. Ed è proprio grazie a questa mesalazina che gli inquirenti ora possono cercare di capire dove sia stata Liliana Resinovich nei giorni precedenti alla sua morte. C’è infatti chi crede che sia stata tenuta prigioniera, narcotizzata e poi uccisa.
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