Mario Draghi decide di non fare nessuna concessione ai manifestanti anti green pass. Niente cancellazione del certificato verde obbligatorio sul posto di lavoro. Ma nemmeno un rinvio dell’entrata in vigore della misura fissata per il 15 ottobre. Niente da fare anche sui tamponi gratuiti per i lavoratori. Anche se resta sul tavolo della discussione l’ipotesi di introdurre sgravi fiscali per le imprese che decidono di pagarli ai propri dipendenti.
A far comprendere la posizione di Mario Draghi sulla questione green pass ci pensa lui stesso. In apertura della riunione della cabina di regia, convocata dal governo il 14 ottobre, il premier tira fuori il dossier ‘delega fiscale’ invece di trattare subito il tema caldissimo dell’obbligo del certificato verde al lavoro. Dopo circa un’ora e mezza, Draghi saluta tutti e chiude la riunione, senza trattare nemmeno l’argomento del prezzo calmierato dei tamponi. Anche le pressioni dei sindacati confederali per una piccola apertura in questo senso vengono ignorate.
Insomma, la linea politica di Mario Draghi è già decisa e per ora non cambia di un millimetro il contenuto del decreto sul green pass. Se ne riparlerà eventualmente nei prossimi giorni, dopo il necessario rodaggio. Tuttavia, non è escluso che il Consiglio dei ministri conceda sgravi fiscali alle aziende che pagheranno i tamponi ai propri dipendenti. La tesi del presidente del Consiglio è che un passo indietro fatto proprio adesso potrebbe “allontanare l’uscita definitiva dal tunnel della pandemia”.
Draghi dunque tira dritto, nonostante il rischio dell’acuirsi delle tensioni sociali. Il timore è che venga messo in atto dai contestatori anti green pass un blocco, anche parziale, di porti e autostrade in particolare. “Ho segnali di possibili blocchi stradali”, avverte il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri. Il porto di Trieste, ad esempio, è stato già bloccato dai lavoratori portuali. Ma Draghi non sembra esserne impressionato, almeno per il momento.
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