La generazione ’80 rischia di andare in pensione a 75 anni. E’ questo l’allarme lanciato dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, durante un intervento tenuto al Graduation Day dell’Altemps Università Cattolica. E la ragione per cui i giovani nati negli anni ’80 rischieranno di andare in pensione così tardi, sottolinea Boeri, è la discontinuità contributiva (ossia gli anni “persi” tra un lavoro e l’altro) di cui sono vittime.
In uno studio realizzato prendendo in riferimento proprio la generazione ’80, l’Inps ha rilevato che ‹‹a causa di episodi di disoccupazione, persone che oggi hanno 36 anni, soffrono di una discontinuità contributiva di circa un paio d’anni››. Che tradotto significa che ‹‹anziché andare in pensione a 70 anni così come prevedono le norme, questi lavoratori rischiano di andarci di due, tre o cinque anni dopo perchè non in possesso dei requisiti minimi››.
Boeri invita pertanto la politica a mettere mano a una situazione che in materia pensionistica rimane estremamente compromessa e frammentata: ‹‹Per queste ragioni è meglio aspettarsi una riforma seria e definitiva invece che continuare con questo stillicidio di riforme tampone che creano soltanto disorientamento tra le persone››.
‹‹La politica – continua il presidente dell’Inps – non dà informazioni di questo genere perchè ha paura di venire punita sul piano elettorale››, e antipatica alla politica, proprio per questo motivo, risulterebbe essere anche la famosa misura sulla busta arancione (una lettera tramite cui l’Inps mira a rendere consapevoli i contribuenti sulla loro situazione contributiva e previdenziale).
Gino Cacino