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L’Italia che non ce la fa più: 1 milione di nuovi poveri che chiedono aiuto

Un’Italia indebolita, fragile. Passata nel giro di qualche settimana dalla paura per l’emergenza sanitaria allo sconforto per una situazione economica sempre meno rosea fino alla rabbia verso un governo che continua a dare risposte giudicate troppo lente per chi, costretto a casa e senza ancora essere tornato a lavorare, vede il suo futuro come una pericolosissima incognita. Un malessere evidente nei tanti filmati, terribili, che hanno iniziato a fare capolino in rete in queste ore. L’ultimo è stato quello di Gian Mario Fenu, ristoratore di Ploaghe in provincia di Sassari, in Sardegna, che ha distrutto il suo locale gridando “grazie coronavirus”.

Non il primo, purtroppo. E probabilmente nemmeno l’ultimo. Nelle ore precedenti un uomo di 37 anni, gestore di un negozio di frutta, si era presentato in piazza Dante, a Catania, alla stazione dei carabinieri: “Ho appena dato fuoco al locale. Non riuscivo a pagare l’affitto”. Gesti che rischiano di essere pericolosamente emulati in un Paese che ha fatto registrare un milione di nuovi poveri e che sembra ogni giorno più debole, ogni giorno più disperato.Repubblica ha raccontato alcune storie di italiani che faticano a rialzare la testa. Come Francesca Coluzzi, maestra di aquagym: “Non ho uno stipendio fisso, non sono assunta, sono pagata a ora, 9 euro per le lezioni di nuoto, non ho cassa integrazione né paracaduti vari. Ho fatto domanda per i 600 euro di marzo, ma non sono mai arrivati. Ho dovuto scegliere: o le bollette o dar da mangiare alla famiglia e così, sperando non mi taglino luce e gas, le buste delle utenze le lascio sul tavolo. Ho chiesto di rinviare le rate del mutuo, di 700 euro ora pago solo gli interessi, 350 euro al mese. Non chiedo soldi, non voglio elemosina, ma solo che riaprano le piscine per poter tornare a guadagnarmi dignitosamente da vivere col mio mestiere”.La paura è che in autunno le cose possano mettersi anche peggio e che il numero di persone che non riesce ad arrivare a fine mese possa nel frattempo accrescersi ulteriormente. Perché, in attesa che la pandemia termini definitivamente, il rispetto delle norme di sicurezza renderà inevitabile ridurre il numero di clienti. E se lo Stato non troverà mezzi incisivi per aiutare chi non riesce più a farcela, altri gesti tragici potrebbero essere dietro l’angolo.

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