C’è un fronte pericolosamente caldo per il governo Conte, in questi giorni concitati di piena emergenza dettata dal coronavirus. Ed è quello delle relazioni con la Russia di Putin, che ha prontamente risposto “presente” al momento di inviare aiuti al nostro Paese in difficoltà ma, che secondo diverse testate, ne avrebbe approfittato per penetrare nel territorio italiano, dove oltre a materiale e medici ha inviato anche militari con esperienze di guerra già alle spalle.
Tra le testate che hanno segnalato questa anomali, sostenendo come fosse quantomeno sospetto che alcuni soldati con alti gradi provenienti dalla Russia avessero accesso a informazioni sensibili riguardanti l’organizzazione del nostro Paese, c’era anche la Stampa, che aveva dedicato all’argomento diversi servizi. Uno di questi, firmato da Jacopo Iacoboni, è finito nel mirino proprio delle autorità di Mosca, che si sono scagliate contro il giornalista.
Igor Konashenkov, portavoce del Ministero della Difesa russo, ha infatti diffuso un comunicato dai toni perentori e neanche troppo vagamente minacciosi, che ha fatto gridare allo scandalo e rilanciato immediatamente l’allarme: “
Per quanto riguarda i rapporti con i reali committenti della russofobia de La Stampa, i quali sono a noi noti, raccomandiamo loro di fare propria un’antica massima: Qui fodit foveam, incidet in eam (Chi scava la fossa, in essa precipita). Per essere più chiari: Bad penny always comes back”.Parole che in una democrazia come l’Italia sono inaccettabili e dalle quali, però, al momento non ha preso le distanze né il governo né gli esponenti delle opposizioni, che pure verso Putin coltivano un rapporto reverenziale (su tutti Matteo Salvini, che proprio per i legami con la Russia è finito al centro dell’ormai celebre inchiesta Metropol). Legittimo che, ancora una volta, sorga il dubbio: ma Putin ha davvero mandato i suoi uomini in Italia soltanto per dare una mano?
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