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L’ospedale e il “trucco” dell’orario sbagliato, una storia di (ordinaria) malasanità. Il VIDEO

Tutti noi lamentiamo il collasso della sanità pubblica, vittima di tagli indiscriminati e del processo di aziendalizzazione dei presidi sanitari. Oltre a essere gravata da carenze di personale e di medicinali, si sta assistendo a una deriva verso una sorta di privatizzazione delle cure. Al punto che in Veneto sono nati i Pronto Soccorso “a pagamento”. Ma insieme a tutto ciò, vi è poi la grave e truffaldina pratica delle visite private. Laddove in ospedale si debba attendere lunghi mesi, spesso anni, per ricevere una visita e dunque delle cure, in intramoenia (e magari lo stesso medico) i problemi scompaiono. Il paziente ottiene un appuntamento anche nel giro di pochi giorni. Basta pagare e le interminabili liste d’attesa si assottigliano oltremodo.

Ora, passiamo ai fatti. E i fatti ci raccontano di una meritoria inchiesta del portale informativo Fanpage. Alla redazione un cittadino ha riferito di essersi sottoposto a un trattamento medico a pagamento all’interno dell’ospedale San Giuseppe di Milano. Accidentalmente aveva notato che la prestazione sanitaria fosse stata registrata, all’accettazione, in un orario diverso rispetto a quello in cui è stata effettivamente eseguita.

La prassi sconcertante

“È la prassi,” con disarmante candore è stato detto dalla segreteria dell’ospedale all’inviato di Fanpage, che naturalmente era in incognito e con telecamera nascosta. “È la prassi, segniamo un orario diverso perché il personale sanitario non potrebbe svolgere la libera professione nel loro orario di lavoro.” L’Ospedale San Giuseppe, nel pieno centro di Milano, è una struttura privata accreditata dalla Regione Lombardia e uno dei più rinomati centri di chirurgia della mano. William Picciau, il cittadino milanese in questione, ha raccontato: “Mi sono rivolto alla struttura per fare una visita con uno specialista della mano e per un’eventuale fisioterapia. La visita è andata molto bene, l’ho effettuata il 22 di aprile alle 15:20, e subito dopo, una volta uscito dallo studio del chirurgo, mi ha mandato al piano di sotto dalla professionista che mi avrebbe fatto il tutore e seguito per la fisioterapia”.

“Nessuna ricevuta”

Fino a qui, tutto bene. Ma poi, giungiamo al dunque: “Sono andato in segreteria col foglio che mi è stato consegnato e, dopo la transazione bancomat, ho chiesto cosa fosse quel 20:10, pensando di dover pagare dell’altro, visto che non mi era stata consegnata nessuna ricevuta per quella cifra”. Infatti, era ancora pomeriggio, intorno alle 16 per la precisione, quando si è svolta la visita che prescriveva l’utilizzo di un tutore su misura per la sua mano. Sul foglio, come si può riscontrare nella fotografia scattata dall’uomo, era stato aggiunto a penna “20:10”. Non si trattava di una spesa accessoria, ma di un escamotage burocratico.

La redazione di Fanpage ha inteso vederci chiaro. Un addetto allo sportello ha spiegato: “Si mette come orario 20:10 perché non possono farle prima di quell’orario, ma si mette solo in fase di accettazione. Non che l’abbia fatto a quell’ora. È un orario messo dal fisioterapista per poter accedere nella sua libera professione. Quando gli ha messo il tutore, in quell’orario, essendo nel pieno del lavoro in realtà non poteva farlo. Ma è soltanto una questione burocratica”.

Il commento di Vittorio Agnoletto

Ma non è soltanto “una questione burocratica,” come afferma l’uomo, né dovrebbe essere considerata “una prassi”. Trattandosi di un comportamento illegale – falso ideologico è la fattispecie di reato più appropriata al caso – oltre che deontologicamente assai dubbio. Vittorio Agnoletto, politico, medico e membro di Medicina Democratica, è indignato: “Di fronte a situazioni di questo tipo – riferisce a Fanpage – la Regione che controlli esercita?”. E ancora: “I soldi che passano dalla sanità regionale, pubblica, alla sanità privata convenzionata in Lombardia sono miliardi. La Regione deve quindi verificare come vengono forniti i servizi – in termini di orari, di spazi e di qualità – per essere certa che al primo posto ci sia la salute dei cittadini e non la ricerca del profitto”.

Non ci pare il caso di aggiungere altro. La situazione è chiara: la sanità pubblica è in crisi, e le pratiche discutibili non fanno che aggravare la fiducia dei cittadini verso un sistema che dovrebbe tutelare la loro salute, e non trasformarla in un affare.

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