“Odiavo me stessa, perché mi ritenevo colpevole di quanto fosse accaduto. Odiavo mio padre e mia madre, il loro perbenismo che non mi aveva fatto sentire né accudita, né amata. Ma, soprattutto, odiavo i maschi. Tutti. Non c’era volto di uomo o ragazzo che non mi riportasse sotto quella doccia”. L’adolescenza è il periodo più bello dove una ragazza dovrebbe vivere a pieno la spensieratezza del primo amore. E invece quella di Luisa si è bloccata ai suoi 14 anni. Vittima di molestie sessuali, oggi Luisa è una donna forte di 38 anni, vive con il compagno e tre figli in provincia di Modena. Ma ricostruirsi una vita non è stato affatto semplice. “La pomata spalmata sull’interno coscia, la mano che saliva, le dita che arrivavano a toccare quello che non dovevano toccare, un misto tra fastidio e imbarazzo che avvolgeva il mio corpo: solo dopo alcune settimane ho preso consapevolezza che quella era stata una molestia. Avevo poco più di quattordici anni, troppi per non capire, troppo pochi per capire tutto”.
La sua commovente storia è stata raccontata dal quotidiano La Stampa: “Lui era l’allenatore di volley, non solo, era anche un amico di famiglia. Il classico bravo ragazzo, con un buon lavoro, l’abito giusto e le ore spese in palestra tra bagher e schiacciate – ha raccontato Luisa ripercorrendo il suo passato -. E, nel weekend, spesso frequentava casa, per un caffè o quattro chiacchiere come se fosse un parente”. Tra la quattordicenne e il coach c’era un rapporto di grande fiducia, che lui era stato molto abile a guadare. Tant’è che in accordo con i genitori, dopo l’allenamento, la riaccompagnava pure a casa. Poco tempo dopo però tutto cambia: con la scusa di voler migliorare la battuta, chiede a Luisa di fermarsi un po’ di più per fare qualche esercizio personalizzato. E quando la ragazza va a farsi la doccia, nello spogliatoio le compagne non ci sono più. Ed è lì, in quella doccia con l’acqua che scorre bollente, che l’amico di famiglia entra e cerca di violare Luisa. “Ero stordita, mi ha fatto lavare e vestire come se non fosse successo nulla, poi mi ha inondata di minacce e mi ha portata a casa. Fingendo un mal di testa sono fuggita in camera mia”.
A quel tempo Luisa era un’adolescente spaventata, ma nonostante questo lei trovò il coraggio di confessare il fatto ai genitori. “E lì – ha detto amaramente la donna – c’è stata la seconda violenza”. Come ha spiegato quotidiano, la famiglia infatti sceglie di non fare nulla: era troppa la vergogna davanti al Paese, il timore di finire sulla bocca di tutti, di finire sui giornali, di rompere i rapporti con il resto della comunità. Un peso insostenibile per Luisa che, solo una volta raggiunti i 18 anni, si è rivolta a una psicologa. “Lì ho iniziato un percorso di recupero. Odiavo me stessa, perché mi ritenevo colpevole di quanto fosse accaduto. Odiavo mio padre e mia madre, il loro perbenismo che non mi aveva fatto sentire né accudita, né amata. Ma, soprattutto, odiavo i maschi. Tutti. Non c’era volto di uomo o ragazzo che non mi riportasse sotto quella doccia”.
Oggi sono passati 24 anni da quel maledetto giorno. Luisa adesso è una donna realizzata, innamorata della vita, del suo compagno che “ha imparato a gestire quel grande buco nero indelebile”.
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