Hanno dato particolare scandalo le ultimissime parole apparse sul blog di Beppe Grillo per “smontare” il caso della repressione della minoranza uigura da parte della Cina: “Nessuna violenza dei diritti umani nello Xinjiang”, si legge nel blog. Ma il New York Times, e l’intera stampa internazionale, dice l’opposto. Questo è solo l’ultimo episodio che certifica una vicinanza assai sospetta del “garante” del Movimento 5 Stelle con l’impero cinese. Non solo Grillo, ma è il Movimento stesso ad aver virato pericolosamente verso il Dragone. E proprio oggi Beppe, dopo aver incontrato Di Maio a Roma per spegnere le polemiche sulla crisi del Movimento, vola di nuovo in Cina. L’ultima volta era stata per una “lezione” che era stato chiamato a tenere per degli studenti all’interno di un’università. Sembrano lontani anni luce i tempi in cui il leader politico dei 5 Stelle, Luigi Di Maio, tuonava contro Renzi per aver svenduto asset strategici come Snam e Terna ai cinesi, attraverso il loro ingresso nella holding di Cdp Reti…
Da quando i 5 Stelle si sono insediati per la prima volta al governo, insieme a Salvini durante l’esperienza del Conte-1, la prospettiva dei grillini nei confronti della Cina è cambiata radicalmente, e sarebbe ridicolo fingersi ingenui a non capirlo. Di Maio aveva addirittura istituito una task force dedicata presso il suo ministero e ha effettuato diversi viaggi in Cina promettendo di tornarci ancora più spesso. In un’intervista alla televisione internazionale cinese Cgtn Di Maio spiegava l’anno scorso: “Ci sono aspettative enormi delle nostre aziende, dei rapporti che instaureranno e hanno già instaurato con la Cina e con le aziende cinesi, con lo Stato e con il governo cinese. Io sono qui per sostenere il nostro made in Italy, il nostro Dna, le cose ben fatte, la cultura e il valore degli investimenti”.
In questa direzione va anche la task force italiana creata da Di Maio in Cina e dall’allora sottosegretario Michele Geraci. In ballo c’erano le trattative per la “nuova via della Seta”. Un grande entusiasmo dunque nei confronti dell’ambizione egemonica espressa dal presidente Xi che non tiene conto delle preoccupazioni occidentali e soprattutto americane. Il Movimento, dunque, si è riscoperto a favore del neo-imperialismo cinese, chinando il capo di fronte alle loro infrastrutture e alla tecnologia, sottovalutando i tanti rischi. Il Movimento, come è noto, è fortemente legato alle questioni inerenti lo sviluppo tecnologico e delle comunicazioni, soprattutto ora che c’è da affrontare seriamente la questione dello sviluppo del 5G.
Il 5G segnerà la frontiera della sicurezza delle comunicazioni. Alcuni paesi hanno già adottato provvedimenti per tenere fuori i player del Dragone come Huawei e Zte. Non in Italia. E Grillo vola di nuovo da loro. Un segnale? Certamente sì. Anche perché pur cambiando partner, i 5 Stelle siedono ancora al governo. E ora è Huawei stessa a farsi avanti come soggetto chiave del 5G nel nostro Paese. Nel summit che si è tenuto il 28 settembre dello scorso anno non a caso erano presenti il presidente della Camera Roberto Fico, la parlamentare Mirella Liuzzi, la sindaca Virginia Raggi ed il consigliere di Di Maio e titolare del dossier Tlc Marco Bellezza. Un monocolore che testimoniava già da allora l’attenzione specialissima dell’establishment pentastellato verso i cinesi.
Ricordiamo poi il fantasmagorico viaggio di Xi Jinping, a Roma, con il suo numeroso seguito di dignitari, per firmare il “memorandum” tra Italia e Cina… Difficile non vedere in questa rivoluzione targata Grillo-Casaleggio e portata avanti da Di Maio l’inizio di una piccola rivoluzione. Presto ci troveremo isolati, nel mezzo di una bufera, di cui, forse il Movimento non hanno contezza. Ma che presto ricadrà sulla loro testa. E sulla nostra. Mentre l’Europa frena e cerca di mettere un argine, il Movimento asseconda i piani espansionistici del Dragone.
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