Macron sembra assolutamente deciso a dichiarare guerra ai giganti del web, facendo loro pagare le tasse sui ricchi proventi accumulati online. Il primo a farne le spese potrebbe essere Microsoft, cui la Francia chiede 600 milioni di euro.
L’assalto dell’UE contro i colossi del web
Dopo le tante polemiche sollevate da un atteggiamento visto come troppo tollerante, l’Unione Europea sembra stavolta decisa a portare l’affondo decisivo contro le grandi compagnie che dominano Internet, collezionando profitti spaventosi, pagando al contempo tasse bassissime.
La battaglia decisiva potrebbe partire dalla Francia, ove le autorità fiscali hanno avanzato una richiesta di 600 milioni di euro nei confronti di Microsoft, in qualità di risarcimento delle tasse sinora non versate. Macron si pone quindi come capofila di una coalizione che comprende anche gli altri grandi del continente, ovvero la Germania, l’Italia e la Spagna.
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Il Consiglio Europeo di Tallinn
Il problema fiscale rappresentato da Microsoft, Google e dalle altre compagnie tecnologiche che dominano la rete collezionando profitti elevatissimi, senza che ciò si traduca in tasse versate agli Stati interessati, sarà al centro del Consiglio Europeo programmato per il 15 settembre a Tallinn, in Estonia. In quella occasione sarà infatti oggetto di discussione il documento sulla tassazione digitale che dovrebbe fare da base all’offensiva dell’Unione Europea.
In quella occasione, il governo Gentiloni porterà sul tavolo della trattativa una proposta, che è stata redatta dal Med, la quale prevede l’imposizione di una tassa standard che andrebbe a colpire gli utili prodotti sul web. Una mossa che sicuramente non farà piacere alle grandi compagnie del web, che ormai da tempo si muovono anche all’interno delle aule di tribunale per impedire di dover pagare in tal senso.
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La Web Tax transitoria
Il governo italiano, peraltro, aveva già mosso i primi passi in tal senso con la Web Tax transitoria, che era diventata realtà in primavera. Una tassa che però era viziata dal fatto che l’adesione delle compagnie era del tutto facoltativa. In pratica l’esecutivo aveva concesso alle web company la possibilità di emergere da una situazione ritenuta illegale, senza dover procedere per via giudiziaria. La risposta si era tramutata in accordi con Apple e Google, rimanendo però allo stadio di un primo passo per una definitiva regolamentazione dei rapporti coi big di Internet.
La Google Tax britannica
Con la dichiarazione di guerra di Macron, la questione segna una palese fuga in avanti. A livello europeo, l’impostazione data dal governo italiano non poteva certo reggere, proprio in considerazione delle grandi resistenze opposte dalle compagnie interessate. Proprio per questo i grandi continentali hanno infine deciso di prendere spunto dalla cosiddetta “Google Tax” elaborata dal Regno Unito, che prevede una aliquota del 25% sui fatturati che vadano ad oltrepassare quota 10 milioni di sterline.
Se questa è la base di discussione in vista di Tallinn, Francia e Germania hanno però già provveduto a trovare un terreno comune, teso ad impedire alle web companies l’utilizzo di vie di fuga fiscali in modo da versare meno tasse sul continente europeo.
In particolare, Macron intende arrivare ad armonizzare i sistemi fiscali europei, impedendo la discrepanza tra il 25% cui dovrebbe essere portata la tassa in vigore in Francia e il 12,5% cui si attestano i livelli fiscali di Cipro e Irlanda, giudicati del tutto inadeguati. Nel frattempo Bruno Le Maire, responsabile dell’economia nel governo di Parigi, si lamenta della lentezza con cui procede la discussione.
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