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Il racconto di Maddalena, italiana in Scozia: “Papà è positivo al Covid, ma l’ospedale l’ha mandato a casa in taxi”

Maddalena, una ragazza romana che da alcuni anni si è trasferita nel Regno Unito insieme alla sua famiglia, attraverso una lettera a Fanpage.it ha deciso di raccontare il dramma sanitario che sta vivendo in Scozia insieme ai suoi cari. Ormai da giorni infatti i genitori della ragazza sono malati, manifestando i sintomi tipici del Covid-19. Nonostante questo, Maddalena nella sua lettera ha denunciato una grave mancanza nel servizio sanitario scozzese: al momento infatti il tampone è stato effettuato solo al padre della donna (risultato positivo al coronavirus), ma è stato subito rimandato a casa dall’ospedale, perché considerato non un caso grave. Mandato via a piedi o in taxi, ma senza ambulanza. “Mio padre non voleva tornare a casa perché non stava ancora bene e invece loro gli hanno detto che poteva farlo – ha affermato Maddalena nella sua lettera -. Senza ambulanza. A piedi, o in taxi. A sue spese. Che Paese è mai il nostro? In Italia un malato continua a rimanere in ospedale finché non sta meglio e soprattutto, non viene rispedito a casa a piedi, con il rischio che possa infettare qualcun altro. Mio padre è tornato con un taxi – senza mai smettere di tossire – e Dio solo sa adesso come possa stare il tassista che l’ha riportato a casa”.

“Da quattro anni vivo in Scozia, a Edimburgo, dove gestisco un’attività di ristorazione insieme alla mia famiglia – ha raccontato Maddalena -. Sono andata via dall’Italia, da Roma, perché non riuscivo a trovare lavoro. Avevo voglia di far assaggiare la mia pizza a tutti e son dovuta andare nel Regno Unito per farlo. Oggi sono profondamente delusa da questa terra che ho amato sin dal mio arrivo. Mi sento tradita e dopo aver pensato male del mio Paese d’origine, oggi guardo all’Italia come un luogo dove sei al sicuro, molto più di quanto possa farti sentire sicuro avere del denaro in più. A cosa servono i soldi se non hai la salute? Oggi mi trovo a scrivere questa lettera affinché funga da appello a tutti, per far sì che nessun ricoverato per Covid19, possa tornare a casa a piedi, senza esser definitivamente guarito”.
La malattia del padre
L’ingresso della malattia in casa di Maddalena ha avuto inizio verso la metà di marzo. La prima in famiglia a manifestare i primi sintomi riconducibili al Covid è stata la madre della ragazza: in principio solo vertigini e mancamenti, per poi peggiorare nei giorni successivi con tosse e febbre alta fino a 39 e mezzo. Il tutto amplificato da dolori in tutto il corpo, dolore al petto, mancanza di gusto e olfatto, perdita d’appetito, ed una tale debolezza da non riuscire nemmeno ad andare in bagno. “Mia madre decise di chiamare il medico di famiglia, che le ha prescritto un antibiotico e del paracetamolo – ha raccontato Maddalena -. Il medico in Scozia ha chiesto a mia madre se aveva problemi respiratori, aggiungendo che purtroppo non poteva fare di più. Mia madre ha continuato a star sempre peggio fino a che, a un certo punto, ha iniziato a star male nel medesimo modo anche mio padre. Domenica 29 marzo mio padre mi ha chiamata, dicendomi al telefono che si sentiva morire e che aveva bisogno con urgenza di un’ambulanza. I suoi sintomi erano tosse così forte da arrivare a vomitare, con conseguenti collassi e dolore al petto”.Dopo la corsa in ambulanza, al padre di Maddalena viene effettuato un primo tampone e dopo 24 ore ancora, ne viene fatto un secondo. Finalmente arriva il risultato del secondo tampone: negativo. “Il responso del test per coronavirus ha fatto sì che mio padre venisse spostato in un altro reparto – ha proseguito nella storia la ragazza -, in una camera con altre quattro persone da cui però, a causa della sua fortissima tosse, è stato spostato. Poco dopo ricevo una chiamata da mio padre, che mi dice che il risultato del primo test effettuato in realtà è positivo e che quindi lo stavano nuovamente spostando nel reparto infettivi. A quel punto ho parlato con una dottoressa, che mi ha spiegato che il primo test era quello a cui si sarebbero attenuti, per tanto ho avuto conferma di quello che pensavo sin dall’inizio, ovvero che mio padre aveva il coronavirus”.
Come accade anche in Italia, vista l’emergenza coronavirus anche in Scozia le visite dei familiari in ospedale non sono ammesse. Maddalena nei giorni a seguire il ricovero del padre ha costantemente telefonato al presidio sanitario per ricevere le informazioni del caso. “Le condizioni di mio padre non miglioravano, peggioravano a vista d’occhio, come la sua febbre ch’era sempre più alta – ha affermato la ragazza -. Nonostante le sue condizioni peggiorassero, ci comunicano che di lì a poco sarebbe uscito perché, siccome non in pericolo di vita, all’ospedale servivano letti. Mio padre non stava affatto bene ma nonostante tutto, gli viene data una busta con dello sciroppo per la tosse e del paracetamolo e dopo esser stato in reparto con altri malati ed esser stato dichiarato positivo al Covid19, viene invitato a tornare a casa, da solo, senza un’ambulanza che lo riportasse indietro”.Il ritorno a casa in taxi
“Arrabbiato e troppo debole per discutere, papà ha preso un taxi e come una mina vagante è tornato a casa. Al suo ritorno io ero fuori casa con delle buste di alimenti per lui e mia madre. Ero lì ad attenderlo speranzosa che potesse star meglio, ma appena è entrato in casa, ha ripreso a vomitare e a star peggio di prima. Non mangia da settimane ed è visibilmente deperito. Mai e poi mai avrei pensato che in Scozia potessero rilasciarlo e soprattutto in quel modo – ha affermato Maddalena -. I miei hanno 59 anni e ad oggi non sappiamo se anche mia madre è positiva, perché nonostante i vistosi sintomi, non è possibile effettuare un tampone. La richiesta per il test si può fare chiamando l’111, ma i tempi di attesa sono fino a sei ore, dopodiché casca la linea. Adesso i miei genitori sono a casa, da soli, stanno molto male e sappiamo che la sanità britannica non si prenderà cura di loro come di diritto”.

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