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Chiese tappezzate di sponsor: l’orrore che va in scena a Venezia

Cartelloni dalle dimensioni tutt’altro che ristrette, con al centro gli slogan di alcuni grandi marchi. Appesi, ed è questa la notizia che fa discutere ferocemente i fedeli, sulla facciata di oltre cinquanta luoghi di culto di Venezia. Un’iniziativa annunciata nelle scorse ore da don Gianmatteo Caputo, delegato della Curia per il patrimonio culturale ecclesiastico insieme alla soprintendente lagunare Emanuela Carpani: inutile dire, vista la fama della città, che la notizia ha fatto in poche ore il giro del mondo.

Scopo della trovata è quello di aiutare la sopravvivenza di storici monumenti cittadini, la cui manutenzione è costosa e straordinaria. Si scende a patti con il mondo della mondanità per garantirsi la sopravvivenza, messa a repentaglio da bilanci ecclesiastici più poveri che in passato e dai tagli ai Beni Culturali. La rabbia dei cittadini veneziani è però vibrante, come sintetizzato da Tomaso Montanari sulle pagine de Il Fatto Quotidiano.“La potenza mediatica di Venezia (pienamente confermata dall’eco di questa stessa notizia) non si poteva usare per lanciare una campagna di opinione e costringere il governo a togliere fondi (per esempio) alle grandi opere inutili e dannose per destinarli alle cinquanta chiese in pericolo in Laguna? Ancora: esistono gli sponsors, ma anche i mecenati (quelli che donano senza chiedere nulla in cambio). In Italia lo dimentichiamo, ma in Francia si tira su un miliardo di euro l’anno con donazioni anche minuscole. E Venezia è ormai una città del jet set internazionale: il patriarca, il soprintendente e il sindaco avrebbero dovuto mettersi col cappello in mano in televisione di fronte al mondo, prima di imboccare la scorciatoia”.Un appello condiviso da tanti utenti in queste ore sui social, preoccupati per le sorti di una città alle prese con tanti problemi e che, denunciano gli internauti, rischia ora di trasformarsi “in una grottesca parodia di Times Square”. Allineandosi agli standard di tanti altri luoghi turistici sparsi per il mondo, e meta di pellegrinaggi meno religiosi ma comunque fitti. Perdendo però inevitabilmente la propria identità.

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