Alla fine il governo cede e ritocca le sue riforme-simbolo per evitare la procedura d’infrazione di Bruxelles. Ora Lega e Cinquestelle devono ridimensionare la portata delle loro leggi bandiera (quota 100 per la pensione e reddito di cittadinanza) in modo da abbassare il deficit statale. Praticamente è quello che si diceva da prima della campagna elettorale e che sapevano tutti, fuorché gli elettori che si sono fatti fregare dall’annuncite di Salvini e Di Maio che promettevano di scassare tutto e ora stanno chinando il capo alla realtà delle cose.
Il meccanismo di quota 100 resta identico. Si andrà in pensione a condizione di centrare il numero 100 tra età anagrafica e anni di contributi, ed avendo comunque almeno 62 anni. Potrebbe entrare in campo però il divieto di cumulare l’assegno pensionistico con altri redditi (da attività professionali o collaborazioni saltuarie). Chi si ritirerà a 62 anni (nel 2019) dovrà sottostare al divieto di cumulo per 5 anni.
Gli anni del divieto scenderanno al crescere dell’età anagrafica. In questo modo, il divieto di cumulo decadrà a 67 anni, quando scatta il requisito per la pensione di vecchiaia. Il divieto di cumulo dovrebbe contenere le uscite pensionistiche intorno a quota 250-270 mila nel 2019. Per limitare la spesa, inoltre, il pagamento della pensione avverrebbe con un ritardo di tre mesi (nel settore privato) e di sei mesi (nel pubblico, tiè!) rispetto al momento in cui è maturato il diritto all’assegno (grazie al meccanismo delle “finestre mobili”).
A contenere la spese concorrerà, infine, il blocco delle uscite dal settore scuola fino a settembre 2019. Alla fine, lo Stato dovrebbe farsi carico di una spesa massima di 5 miliardi (nel 2019) contro i 6,7 miliardi scritti nella legge di Bilancio. E l’Assegno di povertà? Anche in questo caso, la necessità di limitare le uscite imporrà un rinvio del reddito di cittadinanza che potrebbe partire ad aprile o addirittura a giugno. L’assegno arriverà fino a 780 euro per il single che stipulerà un “patto di servizio” con i nuovi centri per l’impiego. L’importo dell’assegno aumenterà in base ai componenti della famiglia.
Sostegno alle aziende. Potranno ricevere fino a tre mensilità del sussidio (sotto forma di sgravi contributivi) le aziende che assumeranno il disoccupato dal centro per l’impiego (con le mensilità che lieviteranno a 6, nel caso di assunzione di una donna). Sarà premiato, con soluzioni simili, anche il disoccupato capace di creare una nuova impresa.
Premi ai tutor. Sono gli angeli custodi del disoccupato. Questi tutor aiuteranno il disoccupato a scegliere il percorso formativo migliore (tra centri dell’impiego, centri di formazione, Agenzie per il lavoro). In caso di assunzione del disoccupato che assiste, il tutor riceverà un bonus. Far partire il reddito di cittadinanza da aprile significa risparmiare 2,2 miliardi (dei 9 annui stanziati in manovra).
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