Togliere qualche privilegio ai banchieri per restituire qualche diritto ai cittadini è sacrosanto e tutti ne beneficeranno. Lo ha scritto ieri in un messaggio diffuso su Facebook il vicepremier Luigi Di Maio, al termine del vertice di governo che ha messo nero su bianco la nota di aggiornamento al Def . “Se dai privilegi ai banchieri dipendesse il buon andamento dell’economia, con tutti i regali miliardari che gli hanno fatto i governi di prima oggi saremmo il Paese del Bengodi. Invece non è così e quindi si cambia” ha aggiunto il Ministro del Lavoro, nel nome di quella che il Movimento 5 Stelle definisce la “manovra del popolo”, i cui contorni iniziano a essere un po’ più chiari.
“Aumentare la pressione fiscale sulle banche non peserebbe solo sul settore ma indebolirebbe o rallenterebbe la ripresa e inciderebbe su tutta la catena produttiva” ha affermato il presidente dei bancari Antonio Patuelli reagendo duramente. “Il risparmio e il modello di business delle banche impegnate nel sostegno alle piccole e medio imprese”. Il presidente ha inoltre spiegato che l’attività bancaria è strettamente collegata ad altri settori produttivi, e cercare di aumentare la pressione fiscale sulle banche sarebbe un grave errore in quanto questo fenomeno rallenterebbe o indebolirebbe la ripresa. Per questa ragione secondo il presidente di ABI “tassare alcune spese che le banche pagano forzatamente come gli interessi tornando indietro nel tempo equivale a tassare un costo e tassare i costi non è una cosa molto logica”. Sul piede di guerra anche i sindacati che, con una nota congiunta firmata da Fabi, First-Cisl, Cgil-Fisac, Uilca e Unisin hanno attaccato: “Nessuno pensi di scaricare il costo dello spread sul Paese e il taglio eventuale della deducibilità degli interessi passivi sui lavoratori del credito che in questi anni hanno già pagato pesanti sacrifici in termini di riduzioni dell’occupazione e di peggioramento
delle condizioni di lavoro”.