C’è un “piano B”, ma a quanto pare non è quello da incubo di Savona. Niente uscita dall’euro ma piede pesante sul freno. A dispetto di ciò che dicono Di Maio e Salvini (“Dalla Ue bocciatura certa ma andiamo avanti lo stesso”), c’è eccome un’altra soluzione già studiata dal governo. Non è l’uscita dall’euro. Anzi, è in direzione opposta: una “rimodulazione” del reddito di cittadinanza e di quota 100 per la pensione, se i mercati finanziari dovessero colpire duro e se lo spread schizzasse alle stelle. Arrivando anche a trattare con la Ue. E ieri il presidente del Consiglio ha avuto colloqui telefonici con Jean-Claude Juncker e Angela Merkel.
Insomma, dopo tanto sbraitare, dopo aver bruciato miliardi di euro con dichiarazioni folli che hanno fatto schizzare lo spread e affossato la borsa, i due leader al comando tornano a cuccia e abbassano la cresta. Ma non era evitabile tutto questo e fare sin da subito una manovra più sensata? No, altrimenti poi l’elettorato cosa avrebbe detto? Ah, benedetta comunicazione gialloverde…
“Non faremo alcuna patrimoniale, né prelievo sui conti. Ci può essere semmai una rimodulazione delle misure previste. Essendo persone responsabili viaggiamo con la ruota di scorta”, rassicura Salvini. E il premier Conte: “Sullo spread non posso garantire, siamo però disponibili a valutare un contenimento della spesa”. Più cauto Di Maio che teme di dover rinviare sine die il suo reddito… Un approccio confermato alla cena di governo ieri sera. Dove è stato perfezionato il dossier: se le cose si dovessero mettere davvero male, il reddito di cittadinanza e la revisione della legge Fornero potrebbero essere rinviati, o “diluiti”.
Questo perché, con i tassi d’interesse in pericolosa ascesa e il sistema bancario sull’orlo del tracollo, il ritorno elettorale (alle elezioni europee di maggio) delle due misure volute da 5Stelle e Lega rischierebbe di essere cancellato. Meglio dunque in questo caso, per Salvini, schiacciare sul pedale del freno. Più cauto Di Maio che non si dà pace all’idea di dover rinviare, o limitare, il reddito.
Questo, appunto, è il piano B. Quello che scatterebbe se venerdì Standard&Poor’s dovesse praticare un declassamento del debito italiano più violento di quello di Moody’s e se i mercati, dopo la prevista e scontata bocciatura della manovra economica oggi da parte della Commissione Ue non dovessero concedere margini d’azione. Le dichiarazioni concilianti di Salvini, Di Maio e Conte e la lettera inviata dal ministro Tria a Bruxelles puntano a evitare proprio l’escalation del differenziale.
Tria mette nero su bianco: “Qualora i rapporti deficit-Pil e debito-Pil non dovessero evolvere in linea con quanto programmato, il governo si impegna a intervenire adottando tutte le misure necessarie”. Linea confermata da Conte. Il governo insomma cerca di abbassare i toni. È molto difficile, come conferma anche Confindustria, che il governo centri la crescita il prossimo anno dell’1,5%. Tutti gli indicatori parlano di 0,9. Se non peggio. Però l’eventuale manovra correttiva arriverebbe solo dopo il secondo trimestre, quando l’Istat fornirà i dati dei primi sei mesi. Vale a dire in agosto o addirittura in settembre. Sempre che lo spread non tradisca il governo giallo-verde.
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