Inizia domani, in Corte d’assise a Catanzaro, il processo a carico di Salvatore Ascone accusato di concorso nell’omicidio dell’imprenditrice Maria Chindamo, di 44 anni, di Laureana di Borrello, scomparsa il 6 maggio 2016 a Limbadi e il cui corpo, secondo la Dda di Catanzaro, è stato dato in pasto ai maiali ed i resti triturati da un trattore cingolato.
L’uomo, proprietario di un terreno attiguo a quello della donna, è accusato di avere manomesso l’impianto di videosorveglianza posto all’ingresso dell’azienda dell’imprenditrice. Il processo, filone della maxi inchiesta “Maestrale“, riguarda anche l’omicidio di Angelo Corigliano, avvenuto a Mileto nell’agosto 2013, per il quale sono imputati a vario titolo Salvatore Pititto, Domenico Iannello e Giuseppe Mazzitelli.
Leggi anche: L’atroce destino di Maria Chindamo: un femminicidio di ‘ndrangheta
Il movente
Una morte brutale e un quadro atroce quello restituito dalla procura nel quale Maria Chindamo sarebbe divenuta destinataria di un’atroce vendetta, per essere stata una donna libera di cercare la felicità e l’amore dopo un matrimonio finito, e di ritorsione, per avere difeso la sua azienda e le sue terre dalle mire del clan Mancuso di Limbadi.
Nel decreto che dispone giudizio si legge nero su bianco che il processo avrebbe riguardato, se ancora in vita, anche Vincenzo Punturiero nella veste di mandante, unitamente ad altri soggetti in corso di identificazione, del delitto pianificato per vendicare il suicidio del figlio Ferdinando Punturiero, avvenuto in data 8 maggio 2015 e per punire Maria Chindamo di averlo lasciato e di avere intrapreso una nuova relazione sentimentale con Giovanni Tagliaferro. Una relazione resa nota proprio due giorni prima del delitto.
Un contesto familiare e personale che si era intrecciato fittamente con l’interesse maturato in capo allo stesso Ascone e al referente territoriale del clan Diego Mancuso, relativo all’acquisizione del terreno in cui sorgeva l’azienda agricola divenuto nel frattempo di proprietà esclusiva di Maria Chindamo e dei figli minori. In questo contesto il 6 maggio 2016, Maria Chindamo spariva nel nulla.
Il fratello di Maria, Vincenzo: “Grazie a chi ci ha supportato”
Domani, a 8 anni dal delitto, ci sarà la prima udienza del processo. Vincenzo Chindamo, il fratello di Maria emozionato, ha dichiarato: “Non ho mai smesso di credere, lungo questo interminabile periodo, nello Stato. – ha concluso – Grazie a chi mi ha contattato sentendo di voler essere simbolicamente presente giorno 14 marzo”.
“Per otto anni – ha proseguito Chindamo – abbiamo camminato sulle strade della speranza anche quando tutto sembrava perso. Grazie ai movimenti e alle associazioni Penelope Italia Odv, Libera Vibo, Goel-Gruppo Cooperativo, gli avvocati Nicodemo Gentile ed Antonio Cozza, tantissime scuole. Un cammino sempre con meno solitudine e sempre più in compagnia di un fronte di speranza e rinascita, fatto da tante donne e uomini partendo dal cancello di Limbadi e dagli abitanti di Limbadi. È significativo passare a comprare il pane ed essere riconosciuto ed accolto con il sorriso! È significativo e coraggioso che l’Amministrazione comunale e la scuola a Limbadi celebrano l’8 marzo nel salone del comune in memoria di Maria Chindamo e dei valori della libertà, annunciando l’intitolazione di una via a suo nome”.
Leggi anche: Nicola Barbato, morto il poliziotto eroe rimasto paralizzato dopo una sparatoria: aveva 61 anni