La marijuana continua a provocare furiose polemiche nel mondo politico italiano. L’ultima delle quali è stata destata il 26 luglio dall’adozione di un testo base da parte delle commissioni riunite Giustizia e Affari sociali, sul quale dovrà essere poi impostata la discussione autunnale in Parlamento. Se sino all’11 settembre sarà possibile la presentazione di emendamenti, sono in molti a paventare il pericolo che proprio il modo in cui è stata affrontata la discussione renderà impossibile arrivare all’attesa legalizzazione.
Regolamentazione, non legalizzazione
Le Commissioni riunite hanno infatti deciso di adottare come testo base la proposta elaborata dalla relatrice Miotto (Partito Democratico), ovvero quella che era stata raccomandata dal comitato ristretto in qualità di testo unificato. Una proposta che punta alla regolamentazione per l’utilizzo terapeutico e non alla legalizzazione della cannabis.
La proposta della Miotto è stata preferita a quella che era stata invece presentata da Daniele Farina (Sinistra Italiana), relatore della seconda commissione, che andava ad integrare le disposizioni della prima, indicando allo stesso tempo le modalità con cui sarebbe dovuta avvenire la coltivazione, la lavorazione e la distribuzione della cannabis, naturalmente in un quadro di legalizzazione. In pratica la proposta di Farina andava a riprendere buona parte dei contenuti di una proposta di legge avanzata da Roberto Giachetti, vicepresidente della Camera dei Deputati ed esponente di punta del Partito Democratico.
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Le accuse al Partito Democratico
Ad affossare ogni prospettiva di legalizzazione della marijuana è stato proprio il partito diretto da Matteo Renzi, che pure da tempo denuncia il fallimento della cultura proibizionista. Una denuncia che però non è stata seguita dai fatti, in quanto il Partito Democratico ritiene, come spiegato da Walter Verini in commissione, che la questione della legalizzazione porterebbe ad una divisione. Inoltre non avrebbe alcuna possibilità di passare il vaglio del Senato, ove mancherebbero i voti per una svolta di questo tipo.
Un atteggiamento che ha provocato l’aspra critica di Benedetto Della Vedova, storico esponente dei Radicali, da sempre esposto su questo tema. Secondo il senatore, oggi in forza al centrodestra, i democratici hanno in pratica votato contro l’orientamento antiproibizionista espresso, almeno a parole, da un centinaio di propri parlamentari, i quali avevano peraltro voluto sottoscrivere la proposta di legge che prevedeva la legalizzazione della cannabis.
L’aspra critica dei Radicali
La saldatura tra Partito Democratico e gran parte del centrodestra (Lega, Forza Italia e NCD) ha naturalmente provocato la protesta non solo del Movimento 5 Stelle, ma anche dei Radicali, pronti a bollare quanto avvenuto come un regalo alle mafie.
Gli stessi Radicali hanno poi definito non solo irresponsabile, ma anche intrisa di ipocrisia la posizione espressa in ambito parlamentare, ricordando come la cannabis terapeutica sia stata legalizzata nel nostro Paese sin dal 2007, faticando a farsi largo proprio per la criminalizzazione che ne viene fatta da alcuni ambienti politici, in particolare quelli vicini alla Chiesa cattolica.
Una criminalizzazione che ha impedito anche a molti medici di poter approfondire la propria conoscenza con una possibilità terapeutica che in tal modo viene praticamente negata a moltissime persone.
Infine gli stessi Radicali hanno voluto ricordare come non si tratti soltanto di un problema di carattere sanitario, se solo si pensa che le aule dei tribunali sono letteralmente intasate a causa di processi relativi proprio al consumo e alla detenzione di marijuana.
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