Assolto, dopo aver ingoiato negli anni tanto di quel veleno da riempirci il Tevere. Per la Cassazione, le accuse di peculato nei confronti dell’ex sindaco di Roma Ignazio Marino sono infondate, il fatto non sussiste. E pensare che quella storia di scontrini pagati per alcune cene pagate, si diceva, con la carta di credito del Campidoglio per le spese di rappresentanza gli erano costate il posto, costretto a fare un passo indietro di fronte all’indignazione popolare fomentata tanto dalle opposizioni quanto dai suoi stessi colleghi di partito, i primi a puntare il dito.
Bisognerebbe chiedere scusa, e subito, a quell’uomo travolto da uno scandalo che, a conti fatti, non c’è mai stato. Girano già tanti meme, sui social, che ironizzano su quei “du’ scontrini e na machina in doppia fila” che fecero saltare la giunta. E spinsero alle dimissioni un sindaco che forse qualcuno ora rimpiange. Lunga, lunghissima la lista di chi partecipò all’epoca al tiro al bersaglio, gli stessi che oggi fingono di non sentire, di non capire.
Matteo Orfini e Matteo Renzi, per rimanere dalle parti del Pd, furono i primi a voltare le spalle a Marino. Chissà se l’ex premier si è pentito, lui che di fronte ai guai giudiziari dei genitori parla di “macchina del fango”. Orfini, da par suo, ha chiarito che “quella degli scontrini è stata una vicenda che nulla aveva a che fare con una scelta che facemmo per un giudizio politico”. Ma forse dimentica i toni, durissimi, con cui all’epoca puntava il dito contro il collega dem.
Stessa linea per i Cinque Stelle, protagonisti di una feroce campagna di discredito contro Marino. Scherzi del destino: quel Marcello De Vito che all’epoca cercava in tutta Roma altre tracce delle “truffe” del sindaco a danno dei romani oggi è in carcere, accusato di corruzione per i suoi rapporti con l’imprenditore Luca Parnasi. Anche da parte del Movimento, nessun mea culpa. Si sostiene che la cacciata del primo cittadino fu legata alla sua “incapacità di amministrare la capitale”. Accusa che, parola più parola meno, le opposizioni (e non solo) fanno in questi mesi a a Virginia Raggi.
Fratelli d’Italia, infine, merita un premio per la caparbietà. Anche di fronte all’evidenza, il partito di Giorgia Meloni non si dice convinto dell’innocenza di Marino. Fabrizio Ghera parla di “vicenda opaca”, nonostante la sentenza sia più che cristallina. Nessuno, da destra a sinistra, che abbia trovato il coraggio di dire la parolina magica: scusa.
Virginia Raggi: auto di servizio in divieto di sosta. Sui social è subito: “E la Panda di Marino?”