Poteva essere salvata. Martina Scialdone, avvocato di 35 anni che difendeva le donne maltrattate e abusate, è morta l’altro giorno a Roma, uccisa dalla pistola di Costantino Bonaiuti, 61 anni, l’uomo con cui la vittima aveva avuto un legame sentimentale. L’ex compagno le ha sparato sul marciapiede fuori dal ristorante Brado di via Amelia, al Tuscolano, dove aveva chiesto alla donna un ultimo incontro per convincerla a tornare insieme.
Ma Martina, spirata in terra, per strada, tra le braccia del fratello, poteva e doveva essere salvata. Con l’uomo che l’ha ammazzata, poi arrestato a casa sua, la relazione era naufragata da tempo, dopo lunghi periodi di screzi, incomprensioni e litigate. Ma la lite fatale con Bonaiuti era cominciata dentro il ristorante, con lei che era scappata in bagno dopo l’acceso diverbio al tavolo e lui l’aveva rincorsa intimandole di uscire con urla e strilli. I gestori del locale avrebbero invitato Martina e Bonaiuti a uscire, qualche cliente sarebbe intervenuto per sperare la coppia, ma nessuno avrebbe mai immaginato che il 61enne, ingegnere dell’Enav e sindacalista, una volta fuori dal ristorante avrebbe sparato all’avvocatessa. “Abbiamo chiamato la polizia già durante la lite iniziale – smentisce Christian Catania, uno dei gestori del ristorante – e abbiamo domandato alla ragazza se voleva rimanere nel locale. Lei ha detto che era tutto ok ed è uscita per andare via: non abbiamo cacciato nessuno”. È giallo, tuttavia, sulla chiave di riserva del bagno con chi sarebbe stata aperta la porta dietro cui si nascondeva Martina, uccisa una volta in strada a colpi di pistola con un’arma regolarmente registrata dall’assassino.
Testimone oculare dell’omicidio un senzatetto che si trovava a pochi metri dal luogo della sparatoria. “Ha sparato di fronte a me – dice Simone De Angelis, il senza dimora – ma ho sentito solo il colpo, che a primo impatto ho pensato fosse un petardo. La ragazza ha cercato scampo verso il ristorante poi è caduta a terra”. Immediato il soccorso di un medico, una donna anche lei cliente del ristorante, e del fratello di Martina, spirata tra le sue braccia. “Il killer mi è passato davanti – ricorda il clochard -. Si è allontanato a piedi camminando veloce”. Sarà arrestato a Fidene poco dopo, a casa sua.
“Martina l’ho vista nascere, della sua relazione erano tutti scontenti, ma anche lei aveva capito che non andava bene e non voleva riallacciare – rivela una vicina di casa della vittima -. Lei era andata anche dallo psicologo e voleva rompere. Stavano assieme da qualche anno, forse vedeva in lui una figura paterna dopo che suo papà era morto”.
Il dubbio che, convincendola a restare nel ristorante fino all’arrivo della polizia, Martina si sarebbe potuta salvare è enorme.