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Mascherine cinesi prodotte con il lavoro forzato: lo svela il report del New York Times

Mascherine chirurgiche made Xinjiang destinate all’Italia e al resto del Mondo. Durante la pandemia, la Cina ha sfruttato il lavoro degli Uiguri per produrre in massa i dispositivi di protezione individuale destinati al mercato estero. Un lavoro che secondo il governo di Pechino è volontario, ma che Ong ed esperti internazionali definiscono forzato, parte di un programma di rieducazione della minoranza musulmana che ne viola i diritti fondamentali. Tra i produttori cinesi coinvolti ce n’è almeno uno, Medwell Medical Products, che ha ottenuto la certificazione comunitaria CE per i suoi dispositivi e che il governo cinese ha inserito nella “lista bianca” delle imprese affidabili, certificate e autorizzate ad esportare in Europa. In base al report di Repubblica, una portavoce della società ha dichiarato che l’Italia è uno dei principali mercati. A confermare la tesi è un’inchiesta del New York Times, secondo la quale alcune compagnie starebbero usando degli ambigui programmi sponsorizzati dal governo per obbligare gli Uiguri a produrre mascherine e altri materiali per la protezione dal Covid-19.

In base a fonti governative, prima dello scoppio della pandemia in Cina, solo quattro compagnie producevano attrezzatura medica nello Xinjiang, la regione con una grande popolazione uigura. Secondo l’inchiesta del New York Times, i nuovi dati del 30 giugno evidenziano che solo nello Xinjiang i produttori si sono moltiplicati da 4 a 51, di cui almeno 17 coinvolti nel “trasferimento”, ovvero hanno aderito al programma del governo che di fatto permette lo sfruttamento della minoranza etnica e costringe diversi abitanti della regione ai lavori forzati.
La tv di Stato ha celebrato l’arrivo delle squadre di operai uiguri, che nelle pause ricevono insegnamenti di mandarino e fedeltà al Partito. Lavoro volontario e pagato secondo la Cina, forzato secondo Ong e vari analisti, vista la pressione a cui i musulmani sono sottoposti: rifiutarlo significa perdere punti “integrazione”, con il rischio di finire internati in rieducazione. La forza lavoro uigura viene spedita anche nel resto del Paese, in aziende che riforniscono di mascherine mezzo mondo.Chi sono gli Uguri
Gli uiguri sono una minoranza musulmana che vive nello Xinjiang, la provincia più occidentale della Cina. Alcune frange indipendentiste hanno organizzato negli anni attentati contro polizia e civili. Nel 2017 il governo cinese, su indicazione di Xi Jinping, ha intensificato una campagna di contrasto a “terrorismo ed estremismo” che ha portato oltre un milione di uiguri in quelli che la propaganda chiama “centri di formazione”, ma che sempre più evidenze dipingono come campi di rieducazione. Un altro aspetto di questo piano di ingegneria sociale è il “trasferimento di lavoro”: milioni di musulmani vengono portati dalle contee povere ai centri urbani e assegnati al lavoro in fabbrica.
Intanto il think tank australiano Aspi ha identificato 83 multinazionali di vari settori, tra cui Nike e Apple, che tra i loro fornitori hanno aziende cinesi cha fanno uso del lavoro degli uiguri. Dieci giorni fa il governo americano ha deciso di sanzionare i funzionari cinesi responsabili della repressione nello Xinjiang e messo in guardia le aziende Usa dal rifornirsi nella provincia.

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