Un limite che Mattarella non è disposto a superare. Per non umiliare sé stesso e le istituzioni, vincolando l’eventuale incarico a Conte, sempre più lanciato nel ruolo di premier 2.0, all’esito della votazione che andrà in scena sulla piattaforma Rosseau del Movimento Cinque Stelle. La sua pazienza è d’altronde già stata messa a dura prova dagli sviluppi di questa crisi, e non solo dai 5 Stelle.
Il ragionamento che si fa nel palazzo del Quirinale è questo: il perimetro della maggioranza nascente è emerso in sede parlamentare da 15 giorni, con il voto al senato contro la richiesta della Lega di calendarizzare per l’indomani la mozione di sfiducia a Conte. Lì ci furono i “no” concertati di Movimento 5 stelle, Partito Democratico, Gruppo Misto e Autonomie. Da lì in poi il perimetro della maggioranza alternativa al centrodestra è sempre stato lo stesso.
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Nelle consultazioni della scorsa settimana Mattarella ne ha avuta diretta conferma, tanto da accordare sei giorni di tempo ai due partiti per cementare l’intesa di governo. Il M5s, questo è il punto centrale, ha avuto tutto il tempo per consultare i suoi iscritti sul tema dell’accordo col Pd. Ma non lo ha fatto. E ora il Quirinale non può accettare nessun “sì con riserva”.
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Se la delegazione 5 Stelle dovesse confermare, a precisa domanda del presidente della Repubblica, che la nascita del governo può essere messa a rischio nei prossimi giorni dal voto su Rousseau, è probabile che Mattarella non dia l’incarico a Conte, ma procederà sulla strada alternativa già fissata dal Quirinale: quella del governo tecnico che porterà alle elezioni in autunno.
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