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Matteo Messina Denaro: la strana richiesta del boss in carcere

Matteo Messina Denaro ha paura di morire. È questa l’impressione che il boss di Cosa Nostra ha dato ai medici che lo hanno visitato nel carcere dell’Aquila. Da quando è entrato per la prima volta nella sua vita in un penitenziario, il padrino corleonese ha incontrato solo i camici bianchi con cui ha parlato della sua malattia, dei medicinali che deve assumere e della terapia da seguire. Ha fatto anche cenno a “cure speciali” farmaceutiche “che ci sono solo in Israele”. Le sue condizioni comunque restano gravissime. E a peggiorare la situazione è il fatto che, fino a questo momento, i suoi parenti non si sono fatti vedere. E anche il suo avvocato, la nipote Lorenza Guttadauro, si è limitato a fargli solo una telefonata.
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Matteo Messina Denaro vuole cure speciali in carcere
Matteo Messina Denaro vuole cure speciali in carcere

Matteo Messina Denaro vuole cure speciali

La famiglia però, che teoricamente Matteo Messina Denaro non incontra da 30 anni, gli ha scritto un telegramma che, secondo il racconto fatto da Repubblica, il boss avrebbe letto e riletto più volte, soffermandosi su ogni parola. Forse alla ricerca di qualche messaggio in codice? Insomma, sembra rassegnato a concludere la sua vita in carcere. “Non creo problemi. Ditemi cosa devo fare”, avrebbe detto agli agenti del Gom che lo tengono sotto stretta sorveglianza mentre è sottoposto a cure speciali. “Non sono la persona che viene descritta”, avrebbe oi aggiunto indicando la televisione dove viene descritto come uno stragista spietato.

“Non ho mai ucciso donne e bambini”, si sarebbe difeso così Matteo Messina Denaro, negando il suo coinvolgimento nell’omicidio del 14enne Giuseppe Di Matteo, sciolto poi nell’acido. In quello di Antonella Bonomo, una ragazza di Alcamo che era anche incinta. E soprattutto nella strage di via dei Georgofili a Firenze del 1993, dove morirono lo studente Dario Capolicchio e con un’intera famiglia: il vigile urbano Fabrizio Nencioni, la moglie Angela e le due figlie, Nadia di otto anni, e Caterina di cinquanta giorni.

Le lettere alle amanti

“Ciao, non so se hai capito che nell’operazione di ieri da parte dei carabinieri c’è anche un mandato di cattura nei miei confronti, quindi anche io ora sono ricercato. – scrisse nel 1993 ad una delle sue amanti subito prima di entrare in latitanza – Non so ancora il motivo, ma qualunque cosa abbiano messo è soltanto una grande infamia, perché sono innocente della qualsiasi e sono rimasto vittima soltanto del mio nome e di qualche essere che profitta del proprio potere”.

E ancora, “è iniziato il mio calvario, e a 31 anni, e con la coscienza pulita, non è giusto né moralmente né umanamente, tutto ciò. Spero tanto che Dio mi aiuti. Spero tanto, veramente di cuore, che almeno tu nella vita possa essere fortunata, la meriti perché sei una brava ragazza. Non pensare più a me, non ne vale più la pena, perché so quali orrori passerò una volta entrato innocentemente in questa spirale infernale”.
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