Il protagonista di questa vicenda si chiama Gianni Jihed, ha 33 anni, è di origini tunisine ma è nato a Mazara del Vallo. Sposato con Valentina, ha tre figli piccoli ed è titolare dell’azienda di traslochi ‘Casa Nuova’. Il traslocatore venne contattato da Matteo Messina Denaro, alias Andrea Bonafede, per spostare i suoi mobili dal covo di Campobello di Mazara di via San Giovanni 260 a quello scoperto in vicolo San Vito. l’uomo racconta al Corriere della Sera la sua inquietante esperienza di contatto con il boss di Cosa Nostra.
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La testimonianza del traslocatore
“Adesso sì che mi ricordo la telefonata di Matteo Messina Denaro dopo tutto il casino che è scoppiato. – racconta il traslocatore al giornalista del Corriere – Lui non fece nomi quando si presentò, aveva una voce molto rilassata, disse che aveva bisogno di un trasloco a Campobello e mi mandò le foto dei mobili su Whatsapp con l’indirizzo di via San Giovanni 260. Nessun mobile di lusso, un letto, una lavatrice, il frigo con il famoso magnete ‘Il padrino sono io’ e due armadi completamente vuoti. Roba economica tanto che gli feci un prezzo basso. Cinquecento euro, pagò in contanti alla consegna, mi disse che per la fattura mi avrebbe mandato poi i documenti e il codice fiscale che in quel momento non aveva con sé. Poi non me li ha più mandati. Su Whatsapp io lo registrai semplicemente come Preventivo Campobello”.
La reazione di Matteo Messina Denaro
“Io ho tanti lavori, non potevo fare subito il trasloco. – ricorda ancora il traslocatore quell’appuntamento con Matteo Messina Denaro – Così prendemmo appuntamento per la mattina del 4 giugno alle 7.30. Lui disse che i mobili si trovavano al primo piano della casa di via San Giovanni, perciò insieme al camion mandai anche il rimorchio con la scala aerea. Ma non andai io personalmente, per quella consegna incaricai due miei dipendenti e altri due li chiesi in prestito a un’altra ditta. Tutti ragazzi trentenni come me, che non l’hanno riconosciuto. Il camion del trasloco è parcheggiato qui fuori, se lo volete fotografare”.
“Quella mattina alle 7.10 gli mandai un Whatsapp per avvisarlo che saremmo arrivati con circa 20 minuti di ritardo. -prosegue così la sua testimonianza – Mi inviò allora un messaggio vocale che ancora conservo sul telefonino e a risentirlo oggi mi fa davvero accapponare la pelle. Stavolta la sua voce era molto infastidita, il tono sempre calmo ma completamente diverso. Disse: ‘L’importante è che non tardate ancora. Vi stiamo aspettando fuori’. Ma non c’era una donna con lui. Era solo. Uno dei due miei dipendenti, Mohamed, tunisino, mi ha detto che una volta entrati a casa in via San Giovanni, Matteo Messina Denaro però tornò subito affabile e fece i complimenti ai quattro ragazzi: ‘Lavorate bene’ ha detto. Poi ha offerto loro dell’acqua e il caffè. Gli armadi sul camion erano vuoti, non c’erano vestiti né carte nei cassetti, anche il poster di Joker il mio operaio l’ha visto già nella casa nuova, pronto da appendere. Alle sue cose deve averci pensato il boss direttamente”, conclude.
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