Non si placa la bufera contro Vittorio Sgarbi dopo il turpiloquio a cui si è abbandonato il sottosegretario alla Cultura del governo Meloni qualche giorno fa, ospite del museo Maxxi di Roma. Sgarbi è stato anche accusato di aver pronunciato delle pesanti battute sessiste delle quali, come da par suo, non si è affatto scusato. Anzi, attaccato da più parti, il critico d’arte decide di difendere le sue ragioni. Lo fa replicando su La Stampa a un articolo di Elisabetta Sciandivasci. Sgarbi insomma non si pente e cita in sua difesa il ‘Don Giovanni’ di Wolfgang Amadeus Mozart. In particolare, il dialogo tra Don Giovanni, Leporello e la statua del ‘Commendatore’.
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Caso Maxxi: Sgarbi non si pente
“Nel contesto preciso dove io ero, come ho detto, a teatro, su un palcoscenico. – così Vittorio Sgarbi che non si pente di quanto detto al Maxxi replica alla giornalista de La Stampa – Il mio ca*** come il suo d’altra parte era una citazione di una lezione universitaria di Houellebecq, sulla sua (e mia) malattia. A vedere bene, io non ero stato chiamato dal presidente Giuli, che infatti ha introdotto, a parlare come sottosegretario ma come comprimario di Morgan”.
“E io benevolmente e umilmente ho accettato. – prosegue Sgarbi – Come Leporello, dunque, e l’ho detto, e l’ho dichiarato, per la singolare coincidenza imposta dalla domanda di Morgan, non perché mi senta Mozart e non certamente riferendomi al ‘no, che io non mi pento’. Questo posso dirlo ora e, per logica, sentendomi Don Giovanni, non Mozart”.
“Per quest’aria, indecente e sessista per i parametri di oggi, evocavo il rischio della cancel culture del catalogo di Leporello, scritta da Lorenzo da Ponte, che io ho mimato grossolanamente, oggi sarebbe improponibile e potrebbe diventare l’elenco delle invitate a un ballo per i 18 anni. Questa era la situazione e mi dispiace, non per assolvermi, che la Sciandivasci non lo abbia capito”, conclude poi Sgarbi che del turpiloquio del Maxxi quindi non si pente affatto.
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