È cominciata con grandi livelli di pressione la partita per lo scudo missilistico per difendere Kiev. Dopo aver ricevuto numerose volte la stessa richiesta dal presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e le relative pressioni statunitensi, il governo italiano deve accelerare.
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Giorgia Meloni, in accordo con il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha dichiarato tutta la sua volontà di aiutare Kiev, ma non è ancora arrivato il decreto per lo stanziamento di fondi e di armi di questo tipo per l’Ucraina.
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E forse non arriverà prima di un altro mese. In ballo c’è il Samp-T, lo scudo missilistico, ma anche i missili Aspide: difese strategiche attese da tanto.
Come riporta La Repubblica, esistono diversi piani di attrito sul via libera definitivo.
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Anzitutto il piano politico interno e internazionale: eventuali ritardi pregiudicheranno i rapporti internazionali dell’Italia con gli Usa, fondamentali dopo che il governo Meloni è stato messo all’angolo in Europa. E c’è anche una questione di immagine: Meloni presenzierà alla commemorazione del primo anno di guerra, il prossimo 24 febbraio, e non farà una bella figura arrivando a mani vuote.
Per il 20 gennaio, Crosetto dovrà presenziare al vertice Nato nella base aerea di Ramstein, dove la questione delle forniture sarà il primo punto in agenda.
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La questione interna che mette a rischio tutto è il delicato equilibrio della maggioranza, che non nasconde argomenti filorussi dalle parti di Salvini e Berlusconi.
Forza Italia e Lega hanno chiesto di abbassare e rallentare l’invio delle armi. Ufficialmente, però, i due partiti sono schierati con le ragioni della Nato.
L’altra questione è quella della scarsità delle risorse difensive italiane. Inviando le forniture richieste a Kieva, la difesa aerea tricolore resterebbe sguarnita vicino a livelli di rischio.
La dotazione dell’esercito prevede, secondo i dati della Difesa, cinque batterie operative, più una per l’addestramento.
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Di fatto, però, una delle suddette unità è operativa in Kuwait, dove supporta il mantenimento del controllo dell’area Iran-Arabia Saudita e presiede le aree dalle quali partono i voli militari per l’Iraq.
Un’altra batteria è stata opzionata dal governo Draghi, e poi confermata da Meloni, agli Stati Uniti: verrebbe schierata in Slovacchia per rimpiazzare i Patriot americani sullo scenario dell’Europa orientale.
Anche i patriot Usa dovrebbero spostarsi in Ucraina. La data del 20 gennaio, dunque, sarà utile per comprendere se questi schieramenti devono concretizzarsi subito o essere diversamente gestiti.
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Delle cinque batterie in dotazione all’esercito ne resterebbero dunque tre, delle quali, però, due sono ciclicamente in manutenzione.
Non è tuto, però, come spiega Repubblica. Secondo fonti militari si indebolirebbe l’ombrello sull’Italia, ma quella che andrebbe offerta a Kiev sarebbe la batteria utile per l’addestramento, dunque non operativa.
Non bisogna dimenticare che, in tutti i casi, la Nato presente in Italia dovrebbe essere sufficiente a garantire la difesa dell’area.
Il Samp-T italiano, inoltre, funzionò molto bene nel respingere i missili siriani che tentavano di approfittare del golpe in Turchia nel 2016, e da quel momento Ankara ha insistito per lasciarlo al suo posto.
In fondo a tutti questi criteri di opportunità strategica, annoveriamo anche la questione dei costi. Uno scudo completo si aggira sui 750 milioni di euro.
L’Italia dovrebbe fornire a Kiev un Samp-T del valore di circa 250 milioni, perché privo di alcune componenti, e dei missili, assicurati a Kiev dai francesi.
Il costo sarebbe, dunque, in linea con i precedenti decreti varati da Draghi, ma Meloni vuole che l’Europa aumenti i ristori ai paesi che si sono impegnati nel fornire armi a Kiev, partita molto complessa da giocare.
Infine, i tecnici fanno resistenze: prima di ogni decreto si è registrata una dialettica tra militari e governo attorno alla scelta dei mezzi da inviare e al peso di una riduzione delle scorte. Il diktat è quello di non scendere sotto gli standard di sicurezza necessari, ma la politica in questo campo ha sempre avuto l’ultima parola.