I giorni di gloria sono alle spalle da un pezzo, per il premier Conte. Che continua a godere di ampio apprezzamento tra gli elettori, sondaggi alla mano, ma si trova ora di fronte una settimana complicatissima, alla guida di un governo sempre più pericolante. Incombono una serie di passaggi-chiave come il voto sul Mes, gli incontri con i leader europei per fissare tempi e modi del Recovery Fund, la riforma fiscale, il decreto Semplificazioni. Con i partiti giallorossi sempre meno uniti e il M5S, in particolare, lacerato e nervosissimo.
Sull’ormai famigerato Fondo Salva-Stati si gioca una delle partite più difficile. Il Pd e Italia Viva sono da tempo favorevoli all’accesso ai soldi, benzina preziosa in un momento in cui la liquidità è merce fondamentale per stimolare una ripresa. Il ministro dell’Economia Gualtieri ha parlato di “opzioni che il governo valuterà alla luce di considerazioni di merito e impatto finanziario”, sottolineando come però la linea di credito messa a disposizione da Bruxelles non ha alternative e permetterebbe di potenziare le strutture sanitarie italiane. Lo stesso Conte è passato dal “no” al “vedremo”. Passaggi che hanno fatto crescere l’insofferenza tra i 5 Stelle, ancora contrari per principio.
Ma a preoccupare Conte non è soltanto il fronte Mes. Confindustria e i sindacati, in primis la Cisl per bocca della segretaria generale Annamaria Furlan, sono già andati all’attacco del governo, accusandolo di immobilismo in un momento che richiede invece risposte urgenti e decise. Conte corre così ai ripari, con l’idea di approvare il Semplificazioni salvo intese, formula che consentirebbe di licenziare il testo definitivo a metà luglio aprendo una finestra di lavoro per Camera e Senato a inizio settembre.
Poi sarà la volta del taglio delle tasse, altro passaggio che vede i partiti di governo divisi. Base della discussione è
l’accorpamento di due delle aliquote dell’Irpef, con un costo che si aggirerebbe intorno ai 20 miliardi di euro. Conte sembrerebbe orientato a riproporre l’idea di un taglio sia pur temporaneo e settoriale dell’Iva: ipotesi che però al momento trova forti resistenze. Serviranno comunque prese di posizione forti per sbrogliare la matassa. Perché senza strappi, senza fughe in avanti il governo rischia di spegnersi, neanche troppo lentamente.
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