Molte persone si domandano se le forze dell’ordine abbiano la possibilità di accedere a messaggi e chat sui nostri dispositivi mobili. È importante chiarire subito che le conversazioni telefoniche, così come i dati e i contenuti presenti nei cellulari, sono generalmente protetti dal diritto alla riservatezza. Questo significa che le autorità non possono violare questa privacy, tranne in specifiche circostanze legate alla sicurezza e all’ordine pubblico. La Polizia, pertanto, non controlla i telefoni in modo arbitrario né procede con sequestri senza solide motivazioni. Le condizioni per controllare i messaggi sono limitate a casi di necessità, per esempio attraverso intercettazioni telefoniche autorizzate o mediante il sequestro del dispositivo, entrambi strumenti soggetti a procedure legali molto precise.
I messaggi, quindi, possono essere controllati solo se vengono rispettati determinati requisiti. Come chiarito dall’esperta Ilena D’Errico su Money.it, le intercettazioni rappresentano un mezzo per acquisire prove ma richiedono un’autorizzazione formale del Giudice per le indagini preliminari, e questa può essere concessa solo su richiesta motivata del Pubblico Ministero. “Il Codice di procedura penale”, spiega D’Errico, “limita le intercettazioni a reati particolarmente gravi e richiede che ci siano seri indizi di colpevolezza e che queste intercettazioni siano indispensabili per il proseguimento delle indagini”. In casi d’urgenza, il Pubblico Ministero può disporre immediatamente un’intercettazione, informando poi il giudice entro 24 ore per ottenere una convalida. Anche dopo il sequestro di un telefono, un controllo sui messaggi richiede comunque un’autorizzazione specifica del giudice o, in casi eccezionali, la giustificazione di un’emergenza evidente.
Il controllo dei dati presenti sul cellulare può avvenire in altre situazioni particolari, come durante una perquisizione o in caso di arresto in flagranza di reato. Anche in queste circostanze, però, le forze dell’ordine possono accedere alle informazioni del dispositivo solo se indispensabile per la conduzione delle indagini. Va precisato che il sistema giuridico pone molte limitazioni all’uso di queste misure, per evitare abusi e proteggere il diritto dei cittadini alla privacy.
Recentemente, la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza che restringe ulteriormente le condizioni per accedere a messaggi istantanei, chat e posta elettronica, riconoscendo il valore del diritto alla riservatezza delle comunicazioni, garantito dall’articolo 15 della Costituzione italiana. Con la sentenza n. 39548 del 2024, la Corte stabilisce che l’acquisizione dei messaggi deve seguire le stesse procedure previste per il sequestro della corrispondenza, secondo l’articolo 254 del Codice di procedura penale. Tale articolo specifica che il sequestro è ammissibile solo se l’autorità giudiziaria ritiene che i messaggi possano avere una connessione con il reato e siano stati spediti dall’imputato o a lui indirizzati. In sostanza, se agite nel rispetto delle leggi, non c’è nulla di cui preoccuparsi.