Mettersi in proprio con la gig economy è un’ipotesi che piace sempre più ai lavoratori europei, e sempre di più anche agli italiani. Secondo uno studio di Human Capital Management, il 68% dei lavoratori europei sarebbe interessato, e prenderebbe in considerazione, un lavoro autonomo, da freelance o i cosiddetti lavoretti ‘on demand’ che caratterizzano la gig economy.
La percentuale di gradimento in Italia si abbassa un pochino e si ferma al 65% delle preferenze. Ma cos’è la gig economy? È modello lavorativo on demand, basato sulla richiesta just in time di servizi, prodotti e competenze. La domanda e l’offerta di questo genere di lavori vengono gestite tramite app o piattaforme on line. Si tratta di lavoratori in proprio che svolgono attività temporanee, saltuarie, quasi sempre part time, come l’host di Airbnb, o il rider per Foodora o il freelance di Fivver o ancora il tassista/non tassista di Uber. Il loro volume d’affari è sempre più interessante.
Mettersi in proprio con la gig economy. Cosa ne pensano gli europei
Secondo i dati dello studio Human Capital Management, che ha intervistato circa 10 mila lavoratori, il 68% degli europei sarebbe disposto a prendere in considerazione un lavoro autonomo o da libero professionista mentre il 26% sarebbe già pronto per intraprendere questa strada. Olandesi e spagnoli sarebbero quelli più propensi a mettersi in proprio con la gig economy, mentre i più restii sarebbero i francesi e i tedeschi. Ma quali sono le motivazioni di questa scelta? Prima di tutto ottenere più soddisfazioni dal lavoro ma anche garantirsi maggiore flessibilità su tempi e luoghi del lavoro e, di conseguenza, un più equilibrato rapporto fra tempi di vita e tempi di lavoro.
Mettersi in proprio, cosa ne pensano gli italiani
La quota di italiani disponibile a mettersi in proprio con la gig economy si attesta intorno al 65%, con una quota significativa fra gli under 45 e ancora più rilevante fra i giovanissimi under 30. Difficile non pensare che tali percentuali siano l’effetto di un cambio di mentalità, dovuto al progressivo indebolimento del cosiddetto ‘posto fisso’ e, per contro, a sempre più accentuate forme di flessibilità orarie, di luoghi e di rapporti di lavoro. L’ipotesi di mettersi in proprio con la gig economy, pertanto, nasce anche come ripiego, come ipotesi alternativa, nella necessità di rinunciare alle tutele giuridiche garantite con i contratti di lavoro tradizionali. Questo spiega anche perché i giovani e i giovanissimi, che si sono trovati, loro malgrado, ad affrontare questo nuovo scenario occupazionale, si trovano più naturalmente predisposti a pensare di creare un lavoro in proprio. Non da ultimo, l’avvento delle nuove tecnologie, e le infinite opportunità ad esse connesse, facilitano l’idea di mettersi in proprio con la gig economy.