La decisione di Giorgia Meloni di farsi chiamare ‘il presidente del Consiglio’ al maschile e non ‘la presidente’ sta provocando una crisi di nervi collettiva in molte rappresentanti della sinistra italiana. Da Laura Boldrini a Lilli Gruber, non si contano più le esponenti politiche o del giornalismo indignate da questa scelta. Al coro di prefiche si aggiunge anche la scrittrice sarda Michela Murgia che accusa il neo premier di seguire un “modello di potere maschilista”. Ma il suo intervento a gamba tesa infiamma i social network che si schierano quasi totalmente con la Meloni.
“Bisognerebbe chiedere a Giorgia Meloni per quale motivo ce l’ha con la lingua italiana. – attacca subito Michela Murgia intervistata da Adnkronos – Perché ‘il presidente’ ha il suo femminile che è ‘la presidente’, quindi non è che si può arbitrariamente decidere quale parte della grammatica italiana rispettare e quale parte no. Quindi non è questione di femminismo, è questione di parlare la nostra lingua”, affonda il colpo, senza però tenere conto dell’opinione del presidente dell’Accademia della Crusca che ha dato ragione alla Meloni.
Michela Murgia cita il caso dei giornalisti Rai che, attraverso il loro sindacato Usigrai. protestano per questa decisione di Giorgia Meloni parlando di “pericolo arretramento”. I cronisti della tv pubblica fanno anche notare che le direzioni di molte testate Rai “stanno chiedendo alle colleghe e ai colleghi di usare il maschile per indicare il nuovo incarico di Giorgia Meloni, perché è lei a chiederlo”. La scrittrice sarda ritiene che “i giornalisti Rai giustamente vogliono scrivere in italiano, non vogliono scrivere Giorgia Meloni”.
“Dal punto di vista simbolico lei, che pretende l’articolo maschile, sta dicendo ‘io governerò come un maschio’ – si scalda ulteriormente Michela Murgia – E questo credo sia la migliore risposta possibile a chi gioisce per una donna al potere. Non è il sesso di chi comanda che conta, è il modello di potere che si ricopre. Il modello di potere di Giorgia Meloni è quello maschilista ‘al maschile’. Più di così”, conclude con amarezza.
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