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Migranti: ecco perché anche Meloni ha fallito nella gestione

Il fallimento delle politiche migratorie di Meloni. Se dal centrosinistra e dai governi tecnici si è spesso fatto demagogia, le politiche di Salvini nel governo gialloverde prima e quelle dell’attuale gestione Meloni adesso sono fatte di annunci senza conseguenze. Perché il respingimento è un fatto ideologico, mentre le transizioni un fatto epocale che necessiterebbe di una cooperazione internazionale progettata e profonda, non di annunci vuoti. L’inchiesta di Repubblica.
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Migranti, le politiche fallimentari di Meloni

Sui migranti il fallimento delle politiche di Giorgia Meloni. Gli autobus noleggiati dal ministero dell’Interno stanno trasportando mille persone a settimana. Venti autobus, ciascuno con una capacità di 120 persone, portano i migranti alle questure indicate. Questi migranti vengono poi trasferiti ulteriormente, talvolta senza alcun preavviso, e alcuni sono lasciati spaesati su panchine di piazze di piccoli centri, anche di notte. Il sistema disfunzionale messo su da questo governo palesa il suo fallimento nei numeri. Occorre redistribuire cinquantamila richiedenti asilo in due mesi e mezzo, a causa dell’aumento degli sbarchi che si avvicinano a quota centomila.
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Sono incluse anche le quattro Regioni governate dal centrosinistra, che non hanno accettato il commissariamento da parte del prefetto Valerio Valenti, a cui il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha affidato la gestione dell’”emergenza” immigrazione. Il piano di ripartizione dal 1 luglio al 15 settembre, inviato alle prefetture italiane dal Ministero dell’Interno, prevede l’accoglienza di 50.000 richiedenti asilo. Il sistema di accoglienza è al collasso, con numeri tornati a livelli alti (130.000) come nel 2018.

Sistema di accoglienza al collasso

Le quote assegnate alle diverse Regioni si basano su criteri territoriali e demografici. Questo piano è stato oggetto di contestazioni da parte di vari governatori ed è stato sottoposto ai Consigli territoriali dell’immigrazione presieduti dai prefetti e allargati ai sindaci, nel tentativo di trovare strutture per ospitare i migranti. Il decreto Cutro ha riformato il sistema di accoglienza, ma ha creato paradossi. Ad esempio, il sistema Sai (strutture di accoglienza diffuse) ha posti disponibili riservati a coloro che hanno già ottenuto il permesso di soggiorno, mentre i richiedenti asilo sono lasciati in attesa nei centri di accoglienza di medie o grandi dimensioni.

Inoltre, il governo non investe nei corsi di italiano o formazione per i migranti, e quindi vengono sistemati nei centri di accoglienza più grandi, dove ricevono vitto e alloggio fino a quando le commissioni non prendono decisioni sul loro status. In alcuni casi, come a Bologna, i prefetti sono costretti a prendere decisioni drastiche a causa della mancanza di strutture. Il prefetto di Bologna, Attilio Visconti, ha notificato lo sfratto di un centinaio di migranti ospiti nel Cas cittadino da più di un anno, invocando motivi di ordine pubblico. Queste decisioni sono state contestate dalle associazioni e dagli avvocati.

La demagogia della destra di governo e la concretezza dei suoi rappresentanti nei territori

Alcuni governatori e sindaci di centrodestra stanno ora abbracciando il modello di accoglienza diffusa, precedentemente promosso dal centrosinistra. In Veneto, i sindaci di entrambi gli schieramenti hanno stretto un patto per l’accoglienza diffusa, in opposizione ai grandi centri. Diverse Regioni italiane stanno affrontando la sfida dell’accoglienza di un grande numero di migranti. Alcune Regioni, come il Veneto e la Lombardia, hanno un alto numero di ospiti nei centri di accoglienza (Cas), mentre altre, come Sicilia, Calabria e Puglia, sono alle prese con gli hotspot sovraffollati e accolgono molti migranti in modo diffuso.

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