Il governo impone numerose ore di navigazione, con relativi costi di gestione altissimi per le ong, in vista del decreto “porti chiusi” che dovrebbe essere varato a gennaio.
Un decreto bandiera ideologico e polarizzato sulla questione migratoria, che scatena le ire delle organizzazioni non governative, ma anche la frustrazione e l’impotenza della guardia costiera e dei Comuni di riferimento.
Gli ultimi casi in ordine cronologico sono quelli della Rise Above, che ci ha messo trentasei ore per raggiungere Gioia Tauro, mentre la Life Support ha impiegato due giorni e mezzo per raggiungere Livorno.
Sono le decisioni del governo e del suo ministro per le infrastrutture, Matteo Salvini.
Il quale, in accordo con il ministro Piantedosi dal Viminale, concede porti lontanissimi alle navi del soccorso umanitario, costringendole anche, in questo modo, a non presidiare le zone vulnerabili del Mediterraneo.
In questo modo, è più facile accadono tragedie come la morte della bambina, ieri, a poche miglia da Lampedusa.
“È una strage senza fine, da quando sono diventato sindaco non faccio altro che accogliere morti. E sono stati tantissimi, una decina almeno, i bambini”, commenta il primo cittadino di Lampedusa, Filippo Mannini, nelle stesse ore in cui Salvini raggiungeva Berlusconi e la compagna Marta Fascina per una festa nella villa del leader di Forza Italia sull’isola.
Durissime le reazioni alla strategia del governo da parte di Lifeline, tramite Hermine Poschmann: “È chiaro qual è lo scopo di queste nuove regole. Le capacità di soccorso devono essere colpite in modo mirato mentre le persone fuggono e combattono per la propria vita. Inoltre, interrompere le nostre missioni dopo ogni piccolo salvataggio e tornare immediatamente a terra comporterà inevitabilmente costi di carburante significativamente più elevati e molto tempo perso”.
Le fa eco Candida Lobes, responsabile delle comunicazioni della Geo Barents di Msf: “Prossimo porto Trieste? Il gioco ignobile del Viminale che nell’ignoranza dei più basici principi umanitari (e leggi internazionali), continua a infierire su centinaia di essere umani per pura propaganda”.
Contro il nuovo codice per le Ong anche Filippo Miraglia di Arci: “È una resa alle destre europee, già sperimentata da Minniti, un modo per criminalizzare chi salva vite umane al posto degli Stati che non vogliono farlo, un meccanismo a cui ricorrono regimi autoritari”.